Prato, pesante condanna al parà pistoiese che chiedeva soldi ai cinesi
Setti anni e cinque mesi di reclusione per il capopattuglia del Nembo. Insieme a tre compagni taglieggiava gli automobilisti al Macrolotto
PRATO. Nei giorni in cui si torna a parlare del possibile ritorno a Prato dei militari, nell’ambito dell’operazione “Strade sicure”, arriva una pesante condanna nei confronti di uno dei quattro paracadutisti all’epoca in servizio al 183° Reggimento Nembo di Pistoia (e impiegati nell’operazione “Strade sicure”) che nel novembre di cinque anni fa furono arrestati con le accuse di concussione e violata consegna.
Il Tribunale di Prato ha condannato il caporale Corrado Emanuele Pepe, 49 anni, di Pistoia, a 7 anni, 5 mesi e 10 giorni di reclusione. Pepe, difeso da Giovanni Renna e nel frattempo sospeso in attesa dell’esito del processo, era a capo di una pattuglia che, secondo le indagini della squadra mobile, anziché vigilare sugli obiettivi sensibili, aveva iniziato a taglieggiare gli automobilisti cinesi nel Macrolotto.
Nove gli episodi contestati, nei mesi di giugno e luglio 2018. Pepe, insieme a Dimitri Dallai, Mattia Carrabs e Alessandro Ranieri Fazzi (che nel frattempo hanno patteggiato), aveva preso l’abitudine di uscire dal tragitto assegnato per andare al Macrolotto, dove si piazzava in strade poco in vista e fermava qualsiasi mezzo condotto da cinesi. Ai conducenti i quattro parà chiedevano patente, bolla di accompagnamento e in certi casi anche niente di particolare. Lo scopo era farsi pagare per chiudere un occhio. Hai la patente scaduta? Cento euro e ti togli il pensiero. Ti manca la bolla di accompagnamento? Stai parlando al cellulare mentre guidi? Sarebbero 600 euro di multa (in realtà sono 161) ma se me ne dai 50 è tutto a posto. In un caso, non avendo il cinese altro in tasca, si erano accontentati di una banconota da 10 euro. Tutti hanno pagato, nessuno ha denunciato. L’unica reazione dei cinesi del Macrolotto, stando alle carte dell’inchiesta, è stata la creazione di una chat denominata “Gruppo di confezioni” sulla quale i partecipanti venivano messi in guardia: “Attenti, oggi ci sono quelli che chiedono i soldi”. La voce si era sparsa così tanto che alla fine arrivò anche a un paio di italiani che lavorano in un’azienda del Macrolotto. Furono loro a raccogliere le confidenze dei cinesi taglieggiati e sempre loro a denunciare il fatto alla polizia. I quattro componenti della pattuglia dell’esercito furono individuati e i loro telefoni cellulari furono messi sotto controllo. Poliziotti in borghese si piazzarono in punti strategici e assistettero ai controlli, che i paracadutisti nemmeno potrebbero fare (oltre a essere fuori zona, come detto). Nel frattempo furono rintracciati i cinesi che avevano pagato e si procedette ai riconoscimenti fotografici. Non senza difficoltà, perché gli orientali, scriveva il gip Pallini nell’ordinanza di custodia, ne avrebbero fatto volentieri a meno. Erano intimoriti dalle divise e preferivano pagare.