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Sport e violenza

Autista morto a Rieti, il racconto choc dei tifosi di Pistoia: «Colpito alla gola, abbiamo provato a rianimarlo»

di Marco Tirinnanzi
Raffaele Marianella nel riquadro; il vetro spaccato (foto concessa da Tvl) e il bus del Rieti
Raffaele Marianella nel riquadro; il vetro spaccato (foto concessa da Tvl) e il bus del Rieti

I 45 supporter sono tornati a Pistoia grazie al presidente reatino che ha messo a disposizione un bus

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PISTOIA. Poca voglia di parlare tra le file della Baraonda Biancorossa, com’è comprensibile dopo la tragedia che si è consumata domenica sera 19 ottobre intorno alle 21 sulla statale 79 Rieti - Terni, in località Contigliano.

La tragedia

Rientrati alle cinque del mattino grazie al presidente reatino Roberto Pietropaoli, che ha messo a disposizione un pullman, sono stravolti e scossi - 45 quelli al seguito dell’Estra Pistoia, impegnata sul parquet della Sebastiani –: da quella che da splendida festa (i ragazzi di coach Della Rosa si sono imposti sulla Sebastiani con un perentorio 88 a 73) si è trasformata in un trauma angosciante.

«Abbiamo chiamato il 118»

Telefonini impazziti, cronisti che chiamano senza sosta, ma lo choc è talmente vivido che non c’è spazio per le testimonianze, perché il mezzo che li avrebbe dovuti portare a casa dopo la trasferta reatina è stato investito da una fitta sassaiola scatenata da una frangia di tifosi amarantoceleste, provocando un morto. In diversi di loro avevano espresso, domenica sera, sconcerto e incredulità per l’agguato subìto, ricordando il corpo afflosciato del povero Raffaele Marianella dopo essere stato colpito da un sasso con una parte appuntita all’altezza della trachea. «Il sasso gli ha sfondato la trachea, quando l’abbiamo visto abbiamo provato a soccorrerlo. Abbiamo chiamato il 118, mentre quei farabutti scappavano»

Marianella, 65 anni compiuti, romano di nascita ma residente da anni a Firenze, assunto dalla Giotto bus in passato e a poco più di 1000 giorni alla pensione, è deceduto sul colpo. La prontezza del collega, come ha testimoniato al Tirreno Gezim Lekaj, titolare dell’azienda per la quale Marianella lavorava da poco più di un mese, la Jimmy Travel, ha permesso al mezzo di non sbandare, e disporsi ai bordi della carreggiata.

La chiamata choc

«Il pullman lo – dice Lekai – possono anche bruciare per me. Siamo sotto choc, non è giusto morire così». Ha ancora la voce rotta dal pianto Lekaj. Ci risponde tra una telefonata e l’altra con i cellulari aziendali che continuano a suonare all'impazzata: è angosciato e scosso, e per di più anche stanco per l’impegno lavorativo che lo ha visto ritornare alla sede dell'Osmannoro dopo aver scortato i tifosi viola a San Siro. «Stavo tornando da Milano quando mi hanno chiamato per dirmi che Raffaele era morto: lavorava con noi da un mese, gli mancavano tre anni di lavoro per poi godersi la pensione. Prima lavorava in altre compagnie (tra cui la Giotto Bus con sede a Vicchio, nda), tra Pisa e Firenze». Raffaele, ci dice il titolare originario di Scutari da anni residente a Firenze, lascia una moglie e tre figli grandi, ma prima di tutto era «una persona squisita, un bravo amico, un ottimo padre di famiglia. Domenica notte abbiamo avvertito noi al telefono la moglie, adesso non mi ricordo neppure il nome tanto sono scioccato. Lei è crollata».

L’agguato

Lekaj, classe 1976, ripercorre con Il Tirreno quella maledetta notte. «Il pullman era stato da poco lasciato dalla polizia sulla statale 79, andavano a meno di ottanta (limite orario), quando è arrivata una pioggia di sassi: due hanno colpito il parabrezza. L’autista non ha sbandato né perso il controllo del mezzo, altrimenti poteva essere una strage. Chi ha lanciato i sassi aveva l’intenzione di farli uscire di strada». Il secondo autista era lì per motivi precauzionali, anche perché la tratta Terni - Pistoia non è così impegnativa. Adesso il pullman è sotto sequesto. «Ci ha chiamato la questura di Terni e la polizia. Abbiamo tre mezzi grandi e due piccoli. Fosse per me quel pullman lo potrebbero anche bruciare. Siamo sotto choc. Non si può morire così».

Le rivalità incrociate

L’agguato, perpetrato dai sostenitori reatini, che già prima e durante il match avrebbero punzecchiato gli opposti biancorossi, avrebbe potuto trasformarsi in una strage. Alla base degli accesi sfottò dei laziali (nessun contatto tra le due tifoserie come invece hanno riportato alcuni colleghi) ci sarebbe un intreccio di rivalità cestistiche: la Baraonda Biancorossa è legata infatti da un gemellaggio con il tifo organizzato di Cento, squadra per cui i supporter di Rieti nutrono una forte acredine. Sabini che a loro volta sono gemellati con Scafati, non proprio tifoseria amica tra le fila della Baraonda. Niente però che possa giustificare neppur lontanamente un atto criminale di una gravità assoluta.

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