Il Tirreno

Pistoia

Tribunale

Ciclista morì nella Firenze-Viareggio, il pm chiede la condanna a due anni: curva non segnalata

di Lorenzo Carducci

	Michael Antonelli
Michael Antonelli

Accusati di omicidio colposo gli organizzatori della gara in cui perse la vita il 21enne Michael Antonelli in forza alla Mastromarco Sensi Nibali

28 settembre 2024
4 MINUTI DI LETTURA





PISTOIA. Chiesta la condanna a 2 anni di reclusione per il reato di omicidio colposo per Gian Paolo Ristori, 83 anni, di Firenze, e Rodolfo Gambacciani, 72 anni, di Prato, rispettivamente presidente della società ciclistica As Aurora organizzatore della competizione e direttore di gara della Firenze-Viareggio del 15 agosto 2018, in cui rimase vittima di una tragica caduta Michael Antonelli, morto poi il 3 dicembre 2020 a soli 21 anni.

Il giovane ciclista sanmarinese, in forza alla Mastromarco Sensi Nibali di Lamporecchio, uscì di strada in corrispondenza di una curva e cadde in una scarpata sulla via Modenese, nel tratto in discesa che dal Monte Oppio porta a Limestre e a San Marcello, al chilometro 87 della 72ª edizione della classica di Ferragosto per juniores. Dopo aver lottato per oltre due anni in stato vegetativo per il trauma encefalico riportato nella caduta, a spezzare il filo che lo teneva appeso alla vita era arrivato il Covid, che se l’era portato via pochi giorni dopo il suo 21° compleanno.

Nella sua requisitoria, ieri davanti al giudice monocratico del tribunale di Pistoia Pasquale Cerrone, il pm Leonardo De Gaudio ha evidenziato come dall’istruttoria sia emerso un «nesso di causalità univoco e diretto» tra la caduta del ciclista e la sua morte, rispetto alla quale il Covid sarebbe stato «l’ultimo anello di una concatenazione causale mai interrotta». A partire dalla testimonianza del consulente tecnico incaricato dall’accusa, il medico legale Edoardo Franchi, che aveva sottolineato il fatto che nessun giovane di 20 anni sia morto di Covid in Italia. Per spiegare che, per portare Michael al decesso, sarebbe bastato probabilmente qualsiasi altro virus. E dunque, che la sua morte sarebbe stata determinata dalla caduta, in corrispondenza di quella curva priva di barriere di sicurezza e non segnalata dagli organizzatori della gara, sotto accusa proprio per tale motivo.

È proprio sull’assenza di comunicazioni relative alla pericolosità della curva, ma anche di segnalazioni con sbandieratori, fischi e barriere di protezione o strumenti di contenimento come balle di fieno o materassini, che si sono concentrati, nel richiedere la condanna degli imputati, gli avvocati delle parti civili: presenti in aula, la madre di Michael, Marina Mularoni, il padre Luca Antonelli e il fratello minore Mattia, anche lui giovane ciclista.

Si trattava di una curva con un angolo di 111 gradi, quasi un tornante lo hanno definito alcuni corridori che hanno gareggiato quel giorno e testimoni nel processo. Per giunta cieca, con la presenza di un terrapieno e di vegetazione a coprire la visuale, tanto che Michael non fu l’unico a cadere. Quella che diversi ciclisti credevano fosse una semicurva, si sarebbe rivelata in sostanza una “trappola” con libero sbocco sulla scarpata.

«Se quella curva fosse stata segnalata e dotata di idonee protezioni non sarebbe successo tutto questo» afferma l’avvocato della madre di Michael, Fiorenzo Alessi, per poi soffermarsi sugli «841 giorni di agonia» vissuti dal giovane atleta e dalla sua famiglia, che oltre a convivere con un dolore enorme ha dovuto attrezzare un appartamento in base alle cure di cui necessitava il ragazzo. Un periodo nel quale il ciclista, non autosufficiente nemmeno per respirare e nutrirsi, è stato assistito quotidianamente dalla mamma, inevitabilmente provata anche psicologicamente per quanto vissuto. Per lei il legale ha chiesto un risarcimento del danno integrale di 815mila euro, o in alternativa 527mila euro di provvisionale per i danni già provati. Per il padre e per il fratello, i rispettivi legali – Flavio Moscat e Alberto Alessi – hanno chiesto un risarcimento del danno, rispettivamente, di circa 500mila euro e 290mila euro, e in alternativa provvisionali di poco inferiori.

Responsabile civile nel processo è la compagnia assicurativa Unipol Sai, che in caso di condanna sarà obbligata a risarcire in solido con gli imputati le parti civili. Prima che venga emessa la sentenza, a metà ottobre, toccherà alla difesa e al responsabile civile procedere con le proprie conclusioni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Primo piano
Il caso

Livorno, crollo copertura Rio Maggiore: la Regione spiega cosa non ha funzionato

Sportello legale