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Il caso

Ex allievo della Normale di Pisa trovato morto in Colombia: quattro arresti. Lo zio: «Vogliamo la salma»

di Annarita Bova
La vittima e il luogo dove è stato trovato
La vittima e il luogo dove è stato trovato

Sarebbe caduto vittima di una trappola: è stato drogato a scopo di rapina, poi l’omicidio. Il dolore della famiglia

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PISA. Sono stati eseguiti in Colombia provvedimenti restrittivi, emessi dalla autorità giudiziaria del Dipartimento di Magdalena, nei confronti di quattro cittadini colombiani ritenuti responsabili dell’omicidio, in concorso, di Alessandro Coatti commesso il 6 aprile nella zona di Santa Marta. La notizia degli arresti è stata resa nota dalla Procura di Roma che sulla vicenda aveva già aperto una inchiesta sulla morte del ricercatore, ex allievo della Scuola Normale

La procura

«Sul caso di Alessandro Coatti – spiega la procura di Roma in una nota – ha sviluppato le indagini in ambito nazionale, attraverso diversificati e complessi accertamenti svolti dai carabinieri del Ros con grande puntualità ed efficacia. L’inchiesta è andata avanti in sinergia con la Procura Sezionale del Dipartimento di Magdalena nell’ambito della rogatoria – si aggiunge – con gli apparati di polizia colombiani e con il costante supporto del Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia e dell’Ambasciata d’Italia a Bogotà, sono state caratterizzate, oltre che dall’ascolto di persone informate sui fatti, da “accurati accertamenti tecnici su oggetti e dispositivi elettronici appartenuti alla vittima”».

Gli inquirenti della capitale spiegano che «proprio gli approfondimenti sugli apparati informatici hanno permesso di fare luce sugli ultimi giorni di vita di Alessandro Coatti, in particolare sugli spostamenti nella città di Santa Marta (Colombia), nonché di contribuire alla definizione delle fasi del delitto ed alla acquisizione di elementi utili alla identificazione degli autori». E, «particolarmente significativa l’indicata cooperazione giudiziaria e di polizia che si è sviluppata con le autorità colombiane, che hanno condotto indagini sin da subito e senza sosta in molteplici direzioni delle evidenze raccolte, con la conseguente ricostruzione della vicenda e del suo drammatico epilogo».

Coatti si trovava in vacanza in Colombia: era scomparso il 5 aprile, dopo essere giunto nel Paese appena due giorni prima. Secondo le ultime ricostruzioni, il 38enne biologo di Longastrino sarebbe caduto in una trappola, drogato con la scopolamina (un farmaco allucinogeno) nel tentativo di rapinarlo e poi ucciso in modo violento e fatto a pezzi. Dagli accertamenti eseguiti sul computer del ricercatore italiano, impiegato a lungo presso la Royal society of biology inglese, gli inquirenti sono riusciti a stabilire che lo scorso 4 aprile la vittima avrebbe conosciuto online una persona con cui aveva pianificato una gita a Minca, località della “Sierra Nevada de Santa Marta” (un massiccio montuoso della Colombia settentrionale), che però – per chi si nasconde dietro a quel profilo – sarebbe stato solo il pretesto per poter attirare Coatti in una trappola.

Il dolore della famiglia

I genitori del ricercatore si sono fin da subito chiusi nel silenzio, straziati dal dolore. La mamma di Alessandro, Sandra Lovato, ha più volte pubblicato storie sul suo profilo Instagram cercando di raccontare suo figlio e il legame, fortissimo, che i due hanno sempre avuto. A fare da “filtro” lo zio Giovanni, il quale fin dal primo momento ha cercato di “proteggere” per quanto possibile sia il fratello e la cognata che l’anziana madre, nonna di Alessandro. «Quando questa mattina (22 giugno, ndr) ho acceso al televisione e sentito la notizia mi sono dovuto sedere – ha detto -. Non so nemmeno io cosa pensare, non so nemmeno se sia o meno una buona notizia, perché in questa storia di buono non c’è niente. La salma l’hanno ancora loro, il corpo sarebbe dovuto arrivare un mese fa, ma è ancora tutto fermo. Lo hanno riconosciuto, dicono, da alcuni particolari. Ma noi vorremmo riaverlo perché la speranza, per quanto possa sembrare assurdo, è che tutto questo non sia vero, che non si tratti del nostro Ale. A me non importa sapere chi è stato. La giustizia farà il suo corso, ma lui, se è stato ucciso, non tornerà». 

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