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L’acciaio infinito: ecco come le scorie possono rinascere

di Francesco Paletti

	Il trasporto delle scorie d'acciaio e la ricercatrice Valentina Colla
Il trasporto delle scorie d'acciaio e la ricercatrice Valentina Colla

Alla scuola Sant’Anna di Pisa il progetto europeo per il riciclo degli scarti della lavorazione

02 marzo 2024
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Costruzioni, produzione di cemento, sottofondi stradali, purificazione dell’acqua e riempimenti di cave in disuso e argini. Sono solo alcuni dei possibili impieghi delle scorie prodotte nel ciclo dell’acciaio, una specie di sabbia con caratteristiche spesso simili alla lava dei vulcani che «non è sempre considerata un rifiuto, bensì un sottoprodotto che può essere reimpiegato in una logica di economia circolare» spiega Valentina Colla, ricercatrice della Scuola Superiore Sant’Anna e coordinatrice di iSlag, l’acronimo scelto per indicare il progetto finanziato dalla Ue e coordinato dalla stessa scuola “Sant’Anna” che si propone proprio «l’ottimizzazione del riutilizzo e del riciclo delle scorie ottenute dal ciclo elettrico di produzione di acciaio attraverso dispositivi di caratterizzazione on-line e un sistema di supporto decisionale intelligente». Un progetto che dal 2020 studia come rispondere, nel più breve tempo possibile, a una delle domande chiave di tutte le acciaierie: «che fare di tutte le scorie prodotte quotidianamente?».

È così difficile rispondere a questa domanda?

«Non è semplice. È vero che i possibili utilizzi sono molteplici, ma sono molte anche le tipologie di scorie prodotte, ciascuna delle quali può essere destinata a determinati tipi d’impiego ma non a tutti. È un’informazione che può essere desunta dalla composizione chimica e conoscerla il prima possibile aiuta le acciaierie a decidere come utilizzarle. Saperlo è importante perché si tratta di volumi rilevanti che occupano molto spazio nelle aree di stoccaggio».

Di che quantità parliamo?

«La scoria da sola rappresenta circa il 90% di tutti i sottoprodotti del ciclo siderurgico».

Perché è utile capire quanto prima la composizione?

«Si tratta di quantitativi ingenti che spesso sono mischiati nelle aree di stoccaggio. A quel punto le caratteristiche peculiari di ciascun lotto si perdono, così come alcune possibilità di riuso».

È un obiettivo possibile?

«Con iSlag abbiamo raggiunto risultati significativi. Sono stati sviluppati strumenti predittivi che consentono di avere le caratteristiche e la composizione della scoria che uscirà da un certo ciclo produttivo. In pratica, prima ancora di iniziare la produzione, si può sapere il tipo di scorie saranno prodotte».

Come?

«Attraverso simulazioni. Lo si può fare con un sofisticato strumento off line che abbiamo sviluppato per determinare sia la composizione dell’acciaio che quella delle scorie. Però si basa su un software potente, per il quale serve una licenza. Va acquistato insomma...».

È molto costoso?

«Il problema non è tanto il prezzo, ma la capacità di usarlo: consideri che molte acciaierie elettriche sono di dimensioni medio-piccole, per intendersi fra i 200 e i 250 dipendenti. Spesso non hanno nessuno che sappia farlo funzionare».

Che fare in questi casi?

«Questo è uno dei contributi specifici che, come Scuola Sant’Anna, abbiamo dato al progetto creando un modello di machine learning ibrido accessibile a tutti in quanto implementato cin Python, uno strumento open source e gratuito. È un po’ meno preciso ma più veloce dell’altro in quanto fa i calcoli in pochissimi secondi, mentre il sistema off line può impiegare alcuni minuti. Non è un dettaglio: quando c’è da farne molti, la variabile tempo non è secondaria. In ogni caso iSlag non utilizza solo strumenti predittivi ma anche strumenti per la caratterizzazione delle scorie, sia allo stato liquido che solido».

Che differenza c’è?

«Quando la scoria è allo stato sabbioso, ossia a produzione appena terminata, viene analizzato attraverso il Libs, una spettroscopia laser che riconosce i suoi principali componenti chimici. Quando, invece, è allo stato liquido per l’analisi si usano le immagini e una sonda».

Individuate le caratteristiche della scoria, è semplice decidere come impiegarla?

«Dipende dalle opportunità e dai vincoli del territorio e della normativa che varia da un Paese all’altro. Ipotizziamo che in uno Stato vi sia una cava dismessa, che le scorie prodotte siano idonee e che vi sia un soggetto disposto a pagare per averle: resta comunque da capire se i costi di trasporto rendano conveniente l’operazione o se è il caso di verificare un altro impiego più vicino».

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