Il Tirreno

Pisa


Scuola medica, grande malata da anni lasciata senza cure

di Pietro Barghigiani
Scuola medica, grande malata da anni lasciata senza cure

La storica sede è circondata da transenne dopo il crollo di una persiana. Rischio di altri cedimenti, niente manutenzioni, solo divieti di accesso

30 luglio 2023
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PISA. Studiano in un posto più malandato dei pazienti che dovranno curare. Il sapere scientifico appreso nelle aule di un’eccellenza pisana e non solo, contrasta con l’immagine di una sede in stato comatoso.

La Scuola medica di via Roma è molto meglio di come si presenta, ma solo per la qualità didattica. A guardarla da fuori si fa fatica a pensare che in quel posto si formino i futuri camici bianchi della sanità. Eppure è così da anni. Solo ritocchi e interventi tampone quando il “corpo” manda segnali di cedimento. Non si interviene sulla causa, ma si circoscrivono gli effetti. La cura non risolve l’origine del malanno. Si limita ad anestetizzare il degrado con accessi interdetti e cartelli di divieto.

Cinturato da transenne con una provvisorietà diventata cronica, l’edificio si sviluppa tra via Roma e via Savi nel cuore dell’ospedale Santa Chiara prossimo a una dismissione che avverrà in via maniera definitiva nei prossimi anni. Gli acciacchi di un immobile di origine rinascimentale non sono recenti e in prospettiva saranno anche più frequenti. È un patrimonio condiviso tra ateneo e Azienda ospedaliera che vive da tempo in un limbo paralizzante.

Non si fanno manutenzioni profonde perché l’edificio sarà chiuso per trasferirsi nel Nuovo Santa Chiara a Cisanello (il cantiere è attivo da tempo, ndr). Solo che nelle more di uno spostamento che, con un approccio ottimistico, avverrà non prima di un paio d’anni, resta la quotidianità di una sede che per missione, decoro e sicurezza dovrebbe mostrarsi in altre forme. Nella valutazione costi-investimento ecco che la risposta sono le installazioni delle transenne in corrispondenza delle persiane pericolanti. Che non vengono rimosse e sostituite. Restano in un equilibrio precario e al loro destino con l’incolumità del personale e di chi frequenta le aule garantita dal divieto di camminare lungo i muri. E con il perimetro a rischio marcato dalle reti metalliche.

Nel tempo, in assenza di interventi all’interno delle aree off limits, si è sviluppata una vegetazione incolta che rende l’assedio all’immobile ancora più metallico-floreale. Una gabbia che poco alla volta ha avvolto la sede con un colpo d’occhio desolante. Le decine di persiane verdi, alcune malconce, altre all’apparenza sane, si sono trasformate in potenziali pericoli dopo il crollo di un infisso franato al suolo senza lambire essere umano. Un segnale d’allerta a cui si è risposto inibendo gli spostamenti nelle aree sottostanti alle finestre.

Sembra un edificio terremotato con passaggi obbligati, cartelli in cui si invita a fare attenzione a dove e come muoversi.

Se uno entra dentro il palazzo e nell’austerità del luogo percepisce che, tra aule dedicate a scienziati e studenti votati a guarire il prossimo, in quell’ambiente si respira la scienza che diventa insegnamento ai massimi livelli. Salvo poi imbattersi nel bagno in un lavandino otturato e “interdetto” con il nastro isolante. E, poco distanti, le immancabili transenne nell’atrio sotto un lucernario. Accanto un buco nel soffitto circondato da un alone di muffa.


 

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