Il Tirreno

Pisa

Per la prof dell’Ateneo pisano Puccini non ha più segreti

di Andrea Lanini
Per la prof dell’Ateneo pisano Puccini non ha più segreti

La docente di Musicologia ha svelato lo sconfinato epistolario del Maestro

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PISA. Nove volumi per svelare, per la prima volta integralmente, lo sconfinato epistolario di Giacomo Puccini. Un’operazione editoriale imponente: perché imponente è la mole delle lettere inviate dal Maestro alle tante persone che fecero parte, secondo un caleidoscopico ventaglio di modalità, dei suoi numerosi contatti. Un’entusiasmante sfida, anche. Lo conferma Gabriella Biagi Ravenni, docente di Musicologia presso l’Università di Pisa, coordinatrice dell’intero progetto, il cui primo tomo, “Giacomo Puccini, Epistolario I (1877-1896)”, da lei direttamente curato assieme allo studioso pucciniano Dieter Schickling, è stato da poco pubblicato da Olschki.

Un “work in progress”, snodantesi lungo biblioteche, istituti e dimore private di mezza Europa, che non smette di disvelare tesori, e infatti «la ricerca, per fortuna fruttuosa, va avanti tuttora». Del resto, i frutti già non mancano anche sul versante dei riconoscimenti. Proprio nei giorni scorsi, a Castell’Arquato (Piacenza), Biagi Ravenni e Schickling hanno ricevuto il prestigioso Premio Illica per la Musicologia 2015 (lo ebbe, grazie ai suoi contributi di critica musicale, anche Montale). Nuova luce su quello straordinario libretto d’opera che fu la vita del compositore. Ed è la sua stessa voce a illuminarci: equilibri d’affetti familiari da riconsiderare, giudizi tranchant su colleghi già celebri (al vetriolo alcune righe su Leoncavallo, mai apparse per via degli scrupoli censori di precedenti curatori), la schiettezza riservata a persone speciali come Giulio Ricordi, Luigi Illica e Francesco Tamagno, tenore, tra i suoi interpreti preferiti; e deliziosi aneddoti risalenti ai bei giorni in cui Puccini, squattrinato e felice, viveva sulla propria pelle le romantiche ristrettezze di un’esistenza scapigliata e bohémienne; per non parlare degli amori («Ma le lettere delle amanti, che come si sa Puccini ebbe in notevole numero, arriveranno solo a partire dal secondo volume»). Quando non scriveva note destinate a divenir celebri, il Maestro utilizzava la sua sinuosa calligrafia per vergare innumerevoli missive. «Questo primo volume – spiega Biagi Ravenni – contiene 784 lettere. Le prime risalgono al 1877: il diciannovenne Puccini era ancora uno sconosciuto studente di musica nella sua Lucca. Le ultime al 1896. Sono passati quasi vent’anni. Tra le varie fasi della sua movimentata biografia, questa è senz’altro la più ricca di cambiamenti».

Nel 1896, Puccini è già un musicista affermato: in quell’anno “La bohème” debutta al Regio di Torino. Delle 784 lettere, «più di 150 vengono pubblicate per la prima volta; delle altre, molte sono presentate in nuove trascrizioni, emendate sulle fonti e affiancate da datazioni più attendibili rispetto a quelle proposte in passato».

Tra i fondatori del Centro Studi Giacomo Puccini (del quale è presidente dal 2007), membro della commissione scientifica dell’Edizione nazionale delle opere di Giacomo Puccini, istituita nel 2007 dal Ministero per i beni e le attività culturali (è per conto di tale commissione che coordina l’edizione integrale dell’Epistolario), Gabriella Biagi Ravenni, da anni, «si può dire da una vita», dedica studi e ricerche a Puccini. «Da quando abbiamo iniziato, il numero delle lettere è praticamente raddoppiato. Il loro censimento ha registrato un continuo incremento: 4.000 nel 1989, più di 7.000 nel 2008, più di 8.000 nel 2014». Le novità interessanti, in questo rocambolesco affresco ondeggiante tra teatro e vita, riguardano più fronti. Quello dei rapporti familiari, tanto per cominciare. «Un esempio: si è sempre scritto che Puccini ebbe un rapporto speciale con una delle sorelle, Ramelde. In effetti, le lettere che si conoscevano fino ad ora avevano lei come interlocutrice privilegiata. Ora che ne sono emerse tante indirizzate anche alle altre, sappiamo che il dato è da rivedere». Per non parlare di Puccini e la censura: «I precedenti curatori di lettere pucciniane, il più famoso dei quali è Eugenio Gara, spesso evitarono di pubblicare brani di lettere che, per più motivi, in base alla sensibilità dell’epoca, erano considerati inopportuni. Oggi, finalmente, possiamo leggere i testi nella loro interezza». E poi, gustosi bagliori di gioventù: «Michele, fratello minore di Giacomo, anche lui studente al conservatorio di Milano, si vantò con parenti e amici di aver brillantemente superato un difficile esame. Oggi, con una lettera deliziosamente spiritosa, è Puccini stesso a raccontarci come andò davvero: a Michele il compito glielo passò lui, con la complicità di alcuni sodali, lanciandogli un foglio appallottolato dalla finestra».

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