Il Tirreno

Lavoro

Magona, Trasteel resta la via d’uscita ma la cessione non è semplice

di Luca Centini
Magona, Trasteel resta la via d’uscita ma la cessione non è semplice

Chiesto un tavolo urgente al governo: pressing su cig e salari

3 MINUTI DI LETTURA





PIOMBINO. Il tempo corre veloce. E nella storia della Magona sta diventando sempre più un fattore chiave, qualunque sia la strada che si aprirà sul futuro dello stabilimento di Piombino. Non sono nelle condizioni di poter attendere oltre i circa 500 lavoratori della fabbrica che hanno riscosso l’ultimo stipendio il 12 agosto scorso e, tra ritardi e prese in giro, attendono la paga da due settimane. Lo sblocco di questa situazione, definita senza mezzi termini «vergognosa» dai sindacati metalmeccanici è, al momento, la vera priorità di una vicenda che giorno dopo giorno si fa più drammatica.

Gli stipendi

Il tema degli emolumenti bloccati è stato, ovviamente, al centro dell’assemblea serale alla quale i lavoratori della Magona hanno partecipato, assieme ai responsabili dei sindacati e al sindaco di Piombino Francesco Ferrari. Al primo cittadino i sindacati hanno chiesto di esercitare la maggiore pressione possibile sul governo, affinché si giunga il prima possibile alla firma del decreto da parte del ministero del lavoro per il pagamento diretto della cassa integrazione da parte di Inps, senza dunque l’anticipo della quota da parte della azienda che, come dimostrano gli ultimi eventi, non è in grado di onorare gli impegni. Una volta portato a casa il decreto si dovrà andare in pressing con Inps, affinché siano accelerate il più possibile le procedure che, in teoria, possono durare fino a tre mesi. Un’eternità per i lavoratori che non percepiscono un reddito da un mese e mezzo.

Trasteel o la spina da staccare

Nella convulsa giornata di giovedì il sindaco Ferrari ha tenuto contatti costanti con il ministero alle imprese e al Made in Italy al quale è stato chiesta un’accelerazione sul fronte della cessione dello stabilimento agli svizzeri di Trasteel. Nel preliminare di intesa condiviso nell’ultimo tavolo al ministero il gruppo anglo-indiano aveva indicato il 30 settembre come termine per la sottoscrizione di un accordo preliminare. Di fatto manca solo un giorno lavorativo (il lunedì) alla scadenza e obiettivamente pare complicato che si possa giungere a un’intesa. Anche perché le difficoltà non mancano. Se infatti la strada per spianare la strada al passaggio di mano è stata individuata e consiste nella sottoscrizione di un accordo preliminare con la conseguente attivazione della procedura della composizione negoziata della crisi di impresa, non pare del tutto chiaro e condiviso lo strumento attraverso il quale gestire questa fase di transizione. Lo hanno spiegato i sindacati, secondo cui Liberty punterebbe a cedere in affitto lo stabilimento di Piombino, mentre gli svizzeri preferirebbero lavorare i semiprodotti per conto terzi, con l’obiettivo di tenere in piedi la fabbrica in attesa di perfezionare il passaggio definitivo. Di certo il cambio di mano sarebbe l’ipotesi preferibile sia nell’ottica di restituire liquidità in tempi rapidi per pagare gli stipendi, sia per ridare un futuro al sito produttivo.

E se salta il banco?

E se il 30 l’accordo non si dovesse firmare? O se, spingendosi oltre, la trattativa – di per sé complicata – dovesse saltare? A quel punto si aprirebbe lo scenario dell’amministrazione straordinaria. Ipotesi che fino a pochi giorni fa era considerata l’ultima spiaggia dai sindacati a causa delle ripercussioni che si avrebbero sui lavoratori interinali e sull’indotto. «Se il 30 non ci sarà il pagamento degli stipendi e non ci sarà l’accordo per questa certificazione negoziata della crisi d’impresa – spiega il segretario della Uilm, Lorenzo Fusco– allora dovremo avere un incontro al ministero e il sindaco dovrà darci una mano. A quel punto, se non ci sarà più nulla da fare, chiederemo che venga staccata la spina e che si punti a un’alternativa con un’amministrazione straordinaria». 

 

Primo piano
Dopo la protesta

Corteo per la Palestina a Lucca, prime denunce per i blocchi stradali e ferroviari

di Pietro Barghigiani