Piombino, in piazza per il teatro Metropolitan: «La città non può stare senza»
Presidio dell’opposizione davanti alla saracinesche giù: dalla giunta solo bugie
PIOMBINO. Quell’etichetta appiccicata dal sindaco Ferrari all’iniziativa di protesta, definita «nostalgica» non è andata giù proprio a nessuno tra le persone riunite in piazza Cappelletti, davanti alle saracinesche del cinema - teatro Metropolitan chiuso. «Sì è vero, abbiamo chiesto di portare delle fotografie ai partecipanti, ma non si tratta di nostalgia. Faremo una mostra per far vedere ai piombinesi che oltre a quelle foto, oggi, non c’è più niente».
È su questa linea che – ieri pomeriggio – alcune decine di persone hanno risposto all’appello lanciato dalle liste di opposizione Pd, Piombino Domani e Sinistra Italiana. Dietro il banco allestito ai piedi dei gradini del vecchio Metro, nelle grandi bacheche che fino a poche settimane fa accoglievano le locandine dei film, ci sono i poster affissi dal Comune: “Chiuso per lavori”, si legge. Poi lo sguardo cade sui fogli bianchi attaccati con lo scotch: «Chiuso per pausa di riflessione». «Chiuso per dimenticanza», e ancora. «Chiuso per incompetenza» e chi più ne ha più ne metta. Ora che la sala del Metropolitan è soltanto un grande stanzone buio, non c’è spazio per la sintesi, per la ricerca di punti di incontro. Tra quelle poche centinaia di metri che separano il municipio di via Ferruccio e i manifestanti di piazza Cappelletti ci sono due narrazioni completamente diverse. «Sì, perché qua diciamo la verità», dice Martina Pietrelli.
È la consigliera del Pd a rompere il ghiaccio, spetta a lei ricostruire la storia. O, se si guarda da un punto di vista diverso, a smontare pezzo per pezzo la ricostruzione della giunta Ferrari basata sull’obbligo di procedere a un bando per una nuova gestione, passando dalle certificazioni necessarie per il vecchio edificio, fino all’incarico all’impresa che ha effettuato le indagini strutturali e, infine, all’esito meno desiderato: Il Metro non è a norma. E chiude i battenti in attesa dell’intervento di adeguamento che si concretizzerà, sempre secondo la giunta, con uno stralcio del maxi progetto di riqualificazione.
Un anno di stop, poi il sipario del Metropolitan si alzerà di nuovo, ha spiegato Ferrari. «Sì, come no». In piazza Cappelletti non ci crede nessuno. «La verità è che non si sa quando si potrà riaprire, perché non c’è un progetto, non ci sono le risorse – attacca Pietrelli – ci è stato detto che il bando era obbligatorio, ma non è vero. Sono state fatte diverse proroghe e si deve tener conto che non si dà semplicemente in gestione una struttura, perché all’interno ci sono gli impianti di proprietà della cooperativa, senza i quali il teatro-cinema non può funzionare».
Il microfono passa a Monica Pierulivo di Piombino Domani, poi a Laura Bardi del Pd. La narrazione opposta a quella del Comune prende forma. Si parte dal fatto che già dal 2021, con la relazione dell’ex dirigente Santi, si sapeva che la struttura avesse dei problemi strutturali. Poi si descrive il Pnrr come un treno che è passato senza che l’amministrazione sia stata in grado di salire a bordo con un progetto per un intervento strutturale. Poi dritti al punto: «Tutti, in Comune, sapevano quale sarebbe stato l’esito delle indagini strutturali, ma nessuno è stato in grado di costruire un’alternativa». «La strada – spiega Pierulivo – è quella di avere una visione sistemica che metta assieme la riqualificazione del Metropolitan con quella del mercato coperto, tenendo dentro anche un intervento per l’ex circolino delle Acciaierie. Invece si pensa a un progetto da 16 milioni di euro per il Metropolitan irrealizzabile e che per di più ridurrebbe i posti del teatro da 900 a 600».
Il microfono passa di mano in mano. Adolfo Carrari, uno degli abbonati alla stagione teatrale, mostra una foto d’epoca in bianco e nero di suo padre: il teatro gremito, un concerto del maestro Mascagni. «Lo dico da cittadino, non c’entra la politica. Qui ho visto Dario Fo, Gaber. Non possiamo accettare tutto questo». Parla Mario Giannullo, presidente dell’Anpi, una delle associazioni che entro il 20 settembre dovranno lasciare il piano superiore dell’edificio. «Non sappiamo dove andare, il Comune non ce lo dice. Se vogliamo, però, ci daranno un furgone per portare via i mobili». Altro punto di vista, amarezza nuova. «Ma scherziamo – dice Gianfranco Gilardetti, piombinese doc con un passato da pugile di talento – una città Medaglia d’oro al valor militare che non è in grado di dare una sede all’Anpi. È un caso nazionale!». Dritto al bersaglio, “Ringo”. Come ai vecchi tempi.