Il Tirreno

Il racconto

Piombino, Deborah e il massacro delle capre: «Non gridiamo al lupo cattivo, ma c'è un problema»

di Cecilia Cecchi
Piombino, Deborah e il massacro delle capre: «Non gridiamo al lupo cattivo, ma c'è un problema»

Deborah Ciolli racconta delle notte in cui furono uccise: «Sono apparsi nella notte, immobili e silenziosi come fantasmi dell'Ade»

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PIOMBINO. Touluse se n’è andata per prima, in un attimo, forse senza aver il tempo di capire cosa stesse accadendo. Individuata come unico pericolo, caprone femmina, capobranco di 65 chili. Un solo morso alla gola. Poi uccise le altre quattro capre.

I bambini portavano spesso il pane a queste “grandi capre” oltre la rete, ci avevano fatto amicizia. Da giorni, sulla collina accanto alla piscina, Touluse non c’era più. Né lei né le altre quattro. Scena terribile, che Deborah Ciolli e il marito Marco Pavoletti, qui residenti da 32 anni, hanno dovuto spiegare a chi faceva domande, ringraziando i vicini, sempre disponibili ad aiutarli. «Le capre sono state uccise probabilmente da ibridi di lupo, la notte del 4 gennaio – ricorda Deborah –. Non vogliamo seminare paura o gridare al “lupo cattivo”, ma questa situazione va raccontata».

La mattina del 5, una signora che vive vicino l’aveva chiamata allarmata: «Vieni giù, è successa una tragedia». In giardino, scenario drammatico: delle cinque capre, tre erano state ritrovate senza vita; le altre due scomparse, trascinate via. Touluse, 65 chili, uccisa con un unico morso alla gola e lasciata intatta. Secondo l’analisi dei veterinari Asl, si è trattato di un attacco di predatori, forse ibridi tra lupi e cani.

«Sembravano fantasmi dell'Ade»

Deborah ha vegliato per due notti di fila i corpi degli animali morti, coperti come necessario prima della rimozione, anche per capire cosa fosse accaduto. Durante la seconda notte, mentre controllava ogni mezz’ora, ha visto due sagome scure: «Sembravano fantasmi dell’Ade – dice –. Immobili, senza emettere un suono, si sono mossi lentamente sotto la luce della torcia. Io paralizzata con un bastone in mano. E i resti di un’altra capra morta sono spariti».

Non è la prima volta

Ma c’è l’antefatto. Perché le difficoltà di convivenza con la fauna selvatica non sono nuove per Deborah e Marco. «Da tre anni i cinghiali devastano il giardino, arrivando a sfondare cancelli e recinzioni. Abbiamo chiesto aiuto, insieme ai residenti di Montelupinaio, al Comune e alla Provincia, e due squadre sono intervenute per rimuoverli. Ma la situazione è peggiorata». Il 3 gennaio, solo un giorno prima dell’attacco, un grosso cinghiale maschio ha sfondato il cancello che divideva il giardino dall’area delle capre.

Ed è qui che, proteggendo casa e capre, Mosè, il levriero spagnolo adottato in passato, è rimasto ferito per la seconda volta: «Quaranta punti interni e venti esterni. È stato un miracolo che si sia salvato» ricorda. Ora, però, la preoccupazione va oltre il dolore per la perdita delle capre.

«Non è colpa degli animali, ma della gestione umana, che crea squilibri – sottolinea Deborah – . I cinghiali, frutto di incroci perché li volevano sempre più numerosi per essere cacciati, sono in città e i predatori si avvicinano. E se una persona si trova a passeggiare con un cane piccolo, cosa potrebbe accadere? Serve un intervento da parte delle autorità, circostanze così non sono più sostenibili».

Le capre erano animali da compagnia

Touluse e le sue compagne “animali da compagnia” per Deborah e Marco. « Capre maltesi, nate e cresciute qui. Facevano parte della famiglia. Il caprone, che aveva 16 anni, era con noi da sempre, nonostante una malformazione a una zampa. Mio suocero iniziò a prendersi cura di queste capre 52 anni fa – aggiunge Deborah –, brucavano ed erano loro ad “occuparsi” dell’erba del giardino». Ma ora basta. «Troppe complicazioni burocratiche, non le prenderemo più. Non sono considerate animali da affezione, come lo sono cani, gatti, pitoni. Ma le nostre capre Touluse, Kirikù, Artemide, e le cucciole Ida e Ada erano parte della vita quotidiana». Storia che testimonia quanto sia difficile trovare equilibrio tra uomo e natura, in un territorio in cui i confini si fanno sempre più labili. Riflessione che Deborah vuole condividere, per invitare a soluzioni che proteggano tutti: gli animali e le persone.




 

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