Il Tirreno

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Frigido inquinato, incriminate le cave

di Melania Carnevali
Frigido inquinato, incriminate le cave

Le guardie del Parco fanno le analisi e confermano: sversamenti di marmettola dai siti di estrazione e da un ravaneto

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MASSA. Il Frigido è inquinato da marmettola. E la causa è la cattiva gestione delle cave a monte. A dirlo (o meglio a confermarlo), questa volta, sono le guardie del Parco delle Alpi Apuane, sollecitate dall’associazione ecologista “Gruppo d’intervento giuridico onlus”, che chiedeva informazioni e provvedimenti riguardo il fenomeno di “imbiancamento” dei corsi d’acqua a cui il territorio ha assistito più volte la scorsa estate.

Dopo una serie di accertamenti e sopralluoghi, le guardie hanno potuto accertare, punto per punto, da dove venisse lo sversamento di marmettola. Ebbene, arriva direttamente dai siti estrattivi. Tutte cave - si legge nel protocollo 3835 del 30 settembre 2015- «nel territorio di competenza dei Comuni di Massa e Carrara» e fuori quindi «dall’area contigua di cava del Parco Regionale delle Alpi Apuane». In particolare, per quanto riguarda Massa, le maggiori irregolarità sarebbero state riscontrate nelle zona di Poggio Piastrone e Rocchetta, sopra Caglieglia e Casette. Il Fosso della Rocchetta infatti «regolarmente», a ogni pioggia, si riempirebbe di fanghi bianchi che poi vanno a finire nel Frigido «in corrispondenza - si legge - del punto di confluenza del canale di Rocchetta con il fiume».

Un altro punto da cui, secondo le Guardie, scende lo scarto di lavorazione del marmo verso i corsi d’acqua è un ravaneto (che per legge non dovrebbe più esistere, ndr) sul monte Sella. «È stata verificata anche la parte a monte del fiume Frigido - si legge - e in particolare il corso dell’affluente Renara che ha origine dalle pendici del monte Sella, al di sopra del quale insiste una vecchia discarica di materiale lapideo di vecchie attività estrattive che nel tempo, a seguito di abbondanti piogge, ha portato, per dilavamento, apporti di marmettola nei corsi d’acqua in questione». E comunque – aggiungono le guardie - «non si può escludere completamente un eventuale apporto di fanghi di lavorazione dal Monte Sella», dal momento (forse) che in quella zona si trova una cava, la Piastreta.

Riguardo al Carrione, invece, non arrivano grandi chiarimenti circa la provenienza della marmettola. Le guardie del parco sostengono solo che «il fenomeno dell’intorbidimento delle acque da marmettola dopo forti piogge potrebbe essere anche il risultato del dilavamento delle discariche di cava, la cui attività in certi casi è plurisecolare». E ricorda che le cave carraresi rientranti nell’area contigua di cava del Parco sono sette, di cui cinque attive, mentre la maggior parte (una settantina attive) rientrano nelle competenze di vigilanza del Comune di Carrara. Tutte informazioni che tuttavia non fanno altro che rafforzare le indagini della Procura di Massa, che ha già aperto da tempo un fascicolo per vari reati ambientali a carico di otto imprenditori del marmo.

Inchiesta che per il momento sta passando al setaccio le sole cave del bacino di Carrara, ma che potrebbe – anche alla luce delle recenti analisi di Arpat che sottolineavano l’inquinamento del Frigido – estendersi in un secondo tempo a Massa. Per non dimenticare che anche il Ministero dell’Ambiente è intervenuto in proposito, richiamando Regione Toscana, le Province di Lucca e di Massa-Carrara, il Parco naturale regionale delle Alpi Apuane e l’Arpat, a prendere precauzioni contro l’inquinamento da marmettola dei corsi d’acqua per evitare l’apertura di un nuovo contenzioso comunitario con pesanti conseguenze anche sotto il profilo sanzionatorio.

L’associazione ecologista intanto sostiene che sia necessario «fare la massima chiarezza su tali fenomeni di inquinamento ambientale e si debbano porre in essere politiche più determinate e efficaci per la salvaguardia dei rilevanti valori ecologici, naturalistici e paesaggistici delle Apuane».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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