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Il personaggio

Mrakic, volto di speranza nell’inferno di Gaza

di Pietro Barghigiani
Mrakic, volto di speranza nell’inferno di Gaza

L’incaricato Onu guida cento persone negli aiuti umanitari. «Un ruolo importante, lo devo ai valori della comunità porcarese»

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PORCARI. «Se oggi sono qui con un ruolo importante e di responsabilità, lo devo ai valori di una comunità come quella porcarese che mi ha formato e fatto diventare quello che sono».

Alessandro Mrakic, 47 anni, incidentalmente nato a Barga, ma porcarese doc, laurea con lode in Architettura, da oltre un anno si trova a Gaza. Dirige un team di circa cento persone per conto delle Nazioni Unite. È in missione in un posto che ogni giorno offre al mondo un massacro quotidiano. L’inferno in terra. E lui è un testimone diretto di un martirio quotidiano.

Il compito di Mrakic e dei suoi collaboratori è quello di tamponare un’emergenza che è diventata umanitaria e tessere rapporti e contatti per una possibile ripartenza.

«Sembra impossibile ad oggi, ma è il nostro impegno» sottolinea l’incaricato Onu nel corso di una videochiamata con il sindaco Leonardo Fornaciari. Un porcarese che dà lustro alla comunità in cui è cresciuto prima di diventare un cittadino del mondo. Una volta concluso il lavoro a Gaza, Mrakic si è impegnato a tornare a Porcari, “obbligato” al rientro alla base dalle bonarie pressioni del sindaco.

«Posso dire che sono stato formato da questa comunità e mi è stato utile per la mia carriera – esordisce – . L’esperienza alla Croce Verde, la nascita della Protezione civile. Sono tutte conoscenze che mi hanno portato dove sono oggi».

La missione

«Guido un gruppo di circa cento persone, la maggioranza sono palestinesi di Gaza – spiega Mrakic -. Coordinandoci con altre agenzie ci occupiamo di educazione e interventi umanitari, dai servizi pubblici e sociali alla creazione di posti di lavoro, dall’opportunità di mandare avanti la popolazione al tentativo di tenere in piedi i sistemi, come quello della giustizia. Fare tutto questo in un contesto di guerra dove ci sono bombe ogni minuto è molto difficile».

Tra i compiti quotidiani anche quelli di riattivare il sistema idrico, montare tende, fornire assistenza sanitaria e garantire i centri di apprendimento temporaneo, una sorta di scuole provvisorie.

Gli ospedali

Mrakic si trova a Deir al Balah, a sud di Gaza.

«Il sistema sanitario è crollato – racconta – come tutti gli altri del resto, a partire dalla raccolta dei rifiuti che rappresenta un guaio a livello sanitario. Per gli ospedali abbiamo un 30 per cento di capacità a nord di Gaza, nel resto del Paese siamo al 20. Ci sono dai 70 ai 100 morti al giorno e i medicinali scarseggiano. I pazienti vengono trattati sul pavimento, tanto per dire che a punto siamo arrivati. Si capisce quello che accade solo stando qui».

Il cibo

L’incaricato Onu ricorda che per 4 mesi non è arrivato cibo. «Ora è ripartito, lentamente, ma non ci sono carne, né nuova: solo farina e biscotti e questo è un problema» aggiunge Mrakic.

Le macerie

La stima è di circa il 95 per cento di edifici distrutti o parzialmente danneggiati. «Si ipotizzano dai 55 ai 60 milioni di tonnellate di macerie – rimarca l’inviato Onu – . È come riempire per volume il Central Park a New York. Una stima della Banca Mondiale della Ue indicava in 53 miliardi il costo della ricostruzione».

Il futuro

Per quanto possa sembrare utopistico, gli operatori delle agenzie internazionali sperano in un futuro di pace.

«L’Onu è per due popoli e due Stati – conclude Mrakic – . Lo so che è difficile pensarlo ora, ma come è possibile entrare in guerra è possibile anche costruire la pace. Per prima cosa va fermato il conflitto, poi i negoziati. La comunità internazionale deve spingere per arrivare alla pace». Mrakic saluta prima di tornare al lavoro sul fronte umanitario del campo di battaglia e promette di tornare nella sua Porcari, il luogo del cuore dove tutto ha avuto inizio.l


 

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