Buoni fruttiferi postali non rimborsati, spuntano nuovi casi in Toscana: perché la sentenza del Tar riaccende le speranze
Sono migliaia in Italia i risparmiatori che al momento dell’incasso si sono visti rifiutare il rimborso per intervenuta prescrizione
LUCCA. La recente sentenza del Tar del Lazio sui buoni postali a termine riaccende le speranze dei risparmiatori che si sono visti rifiutare il rimborso dei buoni fruttiferi postali prescritti. Si tratta della conferma del provvedimento dell’Autorità per la concorrenza ed il mercato che, già nel 2022, aveva condannato Poste italiane per aver collocato buoni postali a termine senza evidenziarne con chiarezza il termine di scadenza. Sei giorni fa i giudici amministrativi hanno ritenuto congrua la sanzione di un milione e 400mila euro già comminata dall’Autorità. Una pronuncia importante, che riconosce come le condotte attraverso cui Poste Italiane ha pubblicizzato, offerto e collocato sul mercato i buoni a termine sono state ingannevoli con omissioni legate alle informazioni sul termine di prescrizione ai titolari di buoni prossimi alla scadenza.
Migliaia di casi
Sono migliaia in Italia i risparmiatori – soprattutto tra gli over 70 – che al momento dell’incasso si sono visti rifiutare da Poste il rimborso per intervenuta prescrizione con conseguente perdita di capitale e interessi. E sono molteplici le sentenze di Primo grado Secondo grado a Montepulciano, Siena, Palmi, Parma, Verbania, Agrigento, Taranto, Monza e Milano.
Contenziosi a Lucca
Al giudice di pace di Lucca sono in corso una serie di procedimenti che saranno vagliati entro fine anno mentre uno è stato già definito a fine 2024 con una pensionata di Vorno uscita vincitrice ottenendo – a fronte di due buoni fruttiferi ventennali del valore di 500 euro ciascuno – un corrispettivo di tremila euro a cui vanno aggiunti gli interessi maturati. I due casi di pensionati della Lucchesia – entrambi assistiti dall’avvocato Francesco Giordano – che saranno esaminati dal giudice riguardano l’acquisto nel 2002 di due buoni da mille euro ciascuno. Questi effetti presentavano la dicitura “a termine”, ma senza specifica indicazione riguardo al periodo di maturazione di una ipotetica scadenza o riguardo una serie di altre indicazioni utili a rendere edotti i due pensionati sul termine esatto di scadenza, nemmeno in prossimità della invocata prescrizione.
In pratica i due pensionati erano tenuti all’oscuro dell’approssimarsi della scadenza e della opportunità di procedere alla riscossione. Soltanto al momento della presentazione all’incasso, nel 2025, agli uffici postali, veniva opposta la prescrizione del diritto al rimborso perché, a giudizio degli impiegati, erano decorsi oltre 10 anni dalla scadenza.