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Lucca, sempre più case per gli affitti brevi: sono 1.850. Tutti i dati

di Gianni Parrini

	Lucca vista dall'alto
Lucca vista dall'alto

A settembre 2023 le strutture ricettive erano 1.516, oggi sono 2.314 a seguito del boom degli alloggi privati

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LUCCA. Continuano a crescere, e chissà quando si fermeranno. Parliamo delle strutture ricettive presenti nel Comune di Lucca, in particolare delle case affittate ai turisti, che rappresentano la fetta più grande della torta. Secondo gli ultimi dati della Bdsr – la banca dati delle strutture ricettive creata dal Ministero del Turismo – aggiornati ad agosto, siamo a quota 1.857. La Bdsr è nata a seguito dell’introduzione del Cin, il codice identificativo nazionale di cui tutte le strutture ricettive devono dotarsi dal gennaio 2025, pena pesanti sanzioni. Si tratta di una sorta di carta identità degli immobili destinati all’accoglienza (dagli alberghi alle case vacanze, imprenditoriali e non) introdotta per contrastare l’attività sommersa, garantire maggiore trasparenza agli ospiti (il Cin deve essere esposto) e consentire alle pubbliche amministrazioni di tenere sotto controllo un fenomeno, quello degli affitti brevi, che sta modificando i centri storici di molte città. E in effetti questo obbligo sta portando alla regolarizzazione (o emersione) di numerosi soggetti, attivi nell’ambito dell’accoglienza, ma in precedenza non censiti. Fino a poco meno di due anni fa, a settembre 2023, le strutture ricettive registrate agli uffici del Comune di Lucca erano 1.516, mentre a marzo 2025 – poco dopo l’obbligatorietà del Cin – erano già arrivate a 1.787. Oggi siamo a quota 2.314, ovvero 528 in più nel giro di cinque mesi: non poca cosa.

Nel novero delle strutture c’è tutto: alberghi, affittacamere gestiti in forma imprenditoriale e no, case vacanze, bed and breakfast, agriturismi, residenze d’epoca. Quasi tutti, diciamolo subito, sono in regola con il Cin anche se qualche eccezione non manca. Veniamo al nocciolo della questione: in questo elenco la voce preponderante, e allo stesso tempo quella cresciuta di più negli ultimi mesi a seguito dell’introduzione del Cin, è quella degli “alloggi privati in affitto gestiti in forma non imprenditoriale”. Si tratta, per l’appunto, della definizione adottata dall’Istat per indicare gli affitti brevi a utilizzo turistico, di durata inferiore ai 30 giorni. Da soli questi ultimi sono arrivati a quota 1.857, e qui la fetta degli irregolari (ovvero sprovvisti del Cin) esiste: sono ben 119, ovvero il 6,4%. Vanno aggiunti ai “non imprenditori” attivi nell’accoglienza anche 24 affittacamere, 14 bed & breakfast e una casa per ferie. Insomma, il mondo dei privati che affittano un appartamento di proprietà ai turisti, spesso attraverso piattaforme online come Airbnb o Booking, si conferma predominante sul territorio.

Nei giorni scorsi Federalberghi, intervenendo sul tema del “caro alloggi”, faceva presente come i rincari non siano da imputare agli alberghi, o quantomeno non principalmente a loro, dato che il peso delle strutture alberghiere è relativo: «Quando si parla di alloggi – spiega l’associazione – nella maggioranza dei casi si tratta di sistemazioni diverse, in alcuni casi abusive. Si parla di un rapporto 1 a 10». Un’affermazione che non va lontano dal vero, a giudicare dai numeri in tabella: alberghi e ostelli (pur offrendo un numero di posti letto significativo) sono nettamente minoritari nel computo totale delle strutture ricettive. 

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