Addio a Emanuele Belluomini, una vita nel segno del pallone
Buon calciatore giovanile, ha continuato a giocare a lungo: aveva 55 anni
LUCCA. Domani, nel giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno, gli amici più cari gli avevano organizzato una bella festa in ricordo dei tempi andati in cui la passione per il calcio era condivisa e cementava i rapporti. Invece la cena conviviale non ci sarà perché il cuore di Emanuele Belluomini, 55 anni, sposato e padre di due figli, rappresentante per numerose e importanti aziende, ha cessato di battere nella serata di martedì e le persone care verranno a tributargli l’ultimo saluto proprio il 10 marzo alle 15, ma nella chiesa di Santa Margherita dove si terranno i suoi funerali.
Lascia la moglie Lorena Valla originaria di Spilimbergo (in provincia di Udine) e già impiegata alla piscina comunale di Capannori, il figlio Francesco, 18 anni, calciatore della Cuoiopelli in Eccellenza e la figlia Maddalena, 24 anni, studentessa universitaria.
Allegro, solare, con quel sigaro stretto tra i denti, aveva sempre una buona parola per tutti e rifuggiva l’invidia e la gelosia. Il suo grande amore era il pallone. Sin da piccolo mostrava un talento innato.
Centrocampista dai piedi buoni aveva indossato la maglia numero 10 dell’Atletico Lucca vincendo, con l’inseparabile amico Antonio Gaddini oggi stimato avvocato del foro di Lucca, decine e decine di trofei giovanili.
Dopo l’Atletico il passaggio tra i 17 e 18 anni al settore giovanile della Lucchese con responsabile Franco Luporini, oggi osservatore alla Sampdoria, e l’approdo alla formazione Berretti rossonera l’anno precedente all’ingresso di Egiziano Maestrelli, Aldo Grassi e il gruppo Superal.
«Tra la fine degli anni Ottanta e per tutti gli anni Novanta – racconta l’avvocato e amico fraterno Antonio Gaddini – abbiamo giocato e vinto insieme in Seconda e in Terza categoria: dal San Lorenzo a Vaccoli al San Macario, dal Montuolo al San Ginese di Bevilacqua alla Valfreddana con mister Renato Roffi. Aveva una tecnica sopraffina e quando era in giornata vinceva le partite da solo. Anche in campo era la persona più buona del mondo e ricordo una delle poche volte che giocammo contro in un San Lorenzo-Valfreddana un suo intervento in scivolata per anticiparmi che ci fece sorridere entrambi».
Un anno e mezzo fa aveva subito un delicato intervento chirurgico al cuore dal quale sembrava potersi riprendere.
Poi, inaspettata, una ricaduta con un nuovo ricovero, e tra gli alti e bassi della malattia il decesso: «Ci sentivamo al telefono quasi tutti i giorni. Una persona speciale che si preoccupava più degli altri che di sé stesso. Perdo un fratello prima ancora che un amico. Non lo dimenticheremo mai e organizzeremo qualche evento nel suo nome».
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