Livorno, migranti morti in porto: affidati l'autopsia e il test del Dna
Un uomo che ritiene di essere lo zio di uno di loro sta attendendo i risultati. La Cgil nel frattempo chiede di fare chiarezza
LIVORNO. La procura ha affidato l’incarico per eseguire le autopsie dei due migranti annegati e ritrovati cadaveri la settimana scorsa in porto. Il pm titolare dell’inchiesta, Niccolò Volpe, ha poi disposto i test del Dna, dato che un uomo che ritiene di essere lo zio di uno di loro (assistito dall’avvocata Erika Vivaldi) è arrivato a Livorno da qualche giorno, non avendo più notizie del nipote che sapeva essere salito, lo stesso giorno dei due ragazzi, su un mercantile diretto a Livorno da Radès.
I due ventenni (hanno dichiarato di essere marocchini, potrebbero in realtà essere tunisini) hanno viaggiato chiusi in un container, poi dopo essere stati scoperti e affidati dal comandante della “Stena Shipper” – la nave sulla quale avevano viaggiato – per il rimpatrio in Tunisia, si sono tuffati nel canale fra la calata Bengasi e il varco Zara trovando la morte. «Non è una tragedia, ma il risultato diretto di politiche che trasformano i porti in confini militarizzati – le parole della segretaria confederale della Cgil, Maria Grazia Gabrielli – e le persone in problemi da nascondere con ogni mezzo. Denunciamo con forza questa deriva disumana e chiediamo che venga fatta piena luce su quanto accaduto. Troppe sono le circostanze da chiarire e servono risposte immediate, non solo per accertare i fatti, ma anche per individuare e riconoscere le responsabilità istituzionali e operative che hanno portato all’ennesima morte. Pretendiamo il rispetto dei diritti umani, l’apertura di canali sicuri e legali di ingresso e un necessario e urgente cambio di rotta nelle politiche migratorie europee e nazionali. In uno Stato di diritto – conclude – tutto ciò è inaccettabile».
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