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Livorno

La tragedia

Livorno, nascosti in un container di gommoni per raggiungere l'Italia: dramma in porto

di Stefano Taglione
Una motovedetta della guardia costiera durante le ricerche (foto Stick)
Una motovedetta della guardia costiera durante le ricerche (foto Stick)

I due ragazzi sono stati ritrovati morti fra la Darsena Pisa e la Torre del Marzocco: hanno perso la vita inseguendo la libertà dopo essere saliti su un traghetto ro-ro partito da Radès, in Tunisia

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LIVORNO. Il primo cadavere lo hanno trovato alle 6 di martedì 4 novembre, mentre galleggiava davanti a un rimorchiatore in Darsena Pisa. L’amico, purtroppo, poco dopo le 10 davanti alla Torre del Marzocco, in mezzo al canale di fronte alla calata del Magnale. La speranza di ritrovare vivi i due migranti scomparsi giovedì scorso dopo la fuga dalla nave “Stena Shipper”, dov’erano stati affidati al comandante per il rimpatrio, è finita nel peggiore dei modi. I due ragazzi, all’incirca 20 anni, sono stati recuperati senza vita e sfigurati dai sommozzatori dei vigili del fuoco (giunti da Firenze dopo la segnalazione dell’avvistamento) alle 9,23 e alle 11,23. Sono stati riportati a galla, dopo cinque giorni inabissati sul fondale, dalle reazioni gassose avvenute nei loro corpi. E se le ricerche di guardia costiera, pompieri, piloti e rimorchiatori non si fossero mai fermate sarebbero con ogni probabilità riaffondati.

La tragedia

Ventenni e con la speranza di raggiungere l’Italia, poco dopo le 7 di giovedì 30 ottobre erano stati trovati nascosti in un container fra gommoni e accessori per la nautica caricato dal porto di Radès, in Tunisia, sulla “Stena Shipper”, il cargo giunto poco prima in calata Bengasi e impiegato nel servizio merci Africa-Europa. Il contenitore era sbarcato regolarmente, poi a banchina una guardia giurata ha dato l’allarme vedendo il sigillo del portellone spaccato, avvertendo quindi la polizia di frontiera marittima. Gli agenti guidati dalla dirigente Agnese Di Napoli, giunti al varco Galvani, dove il rimorchio nel frattempo era stato spostato, come da legge hanno disposto il rimpatrio immediato dei due ragazzi – che, senza documenti addosso, hanno dichiarato di avere 20 anni e di essere marocchini, anche se in realtà tutto fa pensare che siano tunisini, a maggior ragione perché una persona che sapeva che suo nipote era salito su un mercantile per Livorno mercoledì scorso da Radès lo sta cercando non avendo più sue notizie da sei giorni ed è in viaggio dal Belgio verso la Toscana – affidandoli al comandante del ro-ro per il rimpatrio. La nave – noleggiata dall’armatore svedese “Stena Line” alla tunisina CoTuNav, con equipaggio interamente danese – sarebbe infatti tornata a Radès, da dov’era partita, dopo una tappa intermedia a Genova. Il capitano avrebbe quindi dovuto custodire entrambi in una cabina, controllandoli attraverso l’equipaggio ogni 20 minuti come da disposizioni, e così ha fatto. Al momento non risulta indagato nel fascicolo aperto contro ignoti e senza ipotesi di reato dal pubblico ministero di turno la scorsa settimana, Massimo Mannucci. Purtroppo, però, a un certo punto sono riusciti ad aprire la porta, far perdere le loro tracce a bordo per poi tuffarsi in mare cercando di raggiungere la sponda opposta del canale dov’era ormeggiato il cargo, che si trovava ancora fermo alla calata Bengasi. Ma sono annegati davanti agli agenti della frontiera, che li stavano aspettando lì, mentre erano in manovra un rimorchiatore Neri e il traghetto ro-ro “Eco Napoli” di Grimaldi.

Il ritrovamento

Con ogni probabilità non sono stati risucchiati dall’elica della nave in transito fra la calata Bengasi e il varco Zara, dal momento che sui loro corpi non vi sono segni di violenti impatti metallici: si esclude, insomma, l’impatto, ma non che la corrente generata possa averli comunque fatti annegare. Sono tuttavia comprensibilmente sfigurati dai giorni trascorsi in mare e dall’azione dei pesci, con i vestiti ancora addosso. Irriconoscibili. Uno strazio per i parenti che dovranno identificarli: uno di loro, convinto da diversi elementi che una delle vittime possa essere il nipote, ieri è partito dal Belgio proprio per capire se sia lui. Forse voleva raggiungerlo a Bruxelles.

Ancora senza nome

I tempi sincronizzati di riemersione dei corpi, conseguenti alla reazione chimico-gassosa avvenuta al loro interno, fa pensare che purtroppo le vittime siano proprio i due ragazzi annegati giovedì 30 ottobre. Su questo, purtroppo, non ci sarebbe alcun dubbio, anche se per il momento i cadaveri non hanno ancora un nome: sono «ignoti». Peraltro i nomi che hanno fornito agli agenti che li hanno scoperti nel container sono con ogni probabilità falsi, dato che falsa sarebbe la provenienza dichiarata: non sarebbero marocchini come hanno sostenuto, ma tunisini. La polizia scientifica, già in mattinata, insieme al medico legale nominato dalla procura aveva avviato il lungo lavoro di analisi dei cadaveri, dopodiché il pubblico ministero di turno in procura Niccolò Volpe ha disposto la rimozione delle salme, effettuata dal personale delle onoranze funebri della Misericordia di via Verdi, allertato per il recupero verso le 13. Non sono sotto sequestro. Ora l’obiettivo è cercare di dare loro un nome, per comunicarlo ai parenti. Un primo tentativo potrà essere fatto attraverso le impronte digitali, se naturalmente viste le condizioni dei corpi sarà possibile isolarle, incrociandole poi con quelle registrate nei database internazionali: uno dei due ragazzi, secondo quanto ricostruito, parlava bene l’italiano e non si esclude quindi che in passato abbia già fatto ingresso nel nostro Paese, magari per essere poi allontanato. L’altro, invece, non comunicava nella nostra lingua e probabilmente nelle banche dati non è censito. Un lavoro, quello degli inquirenti, che andrà avanti per settimane, forse di più, per restituire i corpi a chi ne piange la scomparsa. Erano due persone che cercavano un futuro migliore in Europa, scomparse tragicamente a pochi metri dal traguardo della libertà.

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