Livorno e i 98 anni di Amasi Damiani, il decano dei registi del mondo che continua a fare film
Il maestro della macchina da presa si racconta, da “I nuvoloni” (che non uscì mai) al legame con Rossellini «Ho vinto premi ovunque, nonostante i rapporti difficili con i produttori»
LIVORNO Il primo ciak non si scorda mai anche se datato 1962: «E come potrei scordarmelo: girai il film “I nuvoloni”, un film che... non uscì mai. La trama trattava di giovani che volevano fare il regista che non piacque poi ai produttori. Pensare che tra gli attori vi erano Macario e Silvio Noto. “Troppo lungo” mi dissero. Sino a dieci anni fa quando qualche critico scoprì come fosse invece un capolavoro e all’Anica (l’Associazione delle industrie cinematografiche) cominciarono a distribuirlo».
A parlare è Amasi Damiani (con l’accento sulla prima “a”), che oggi, venerdì 26 settembre, compie 98 anni, il regista in attività più anziano al modo e con una voglia di “creare” uguale a …: «Uguale al giorno nel quale – interrompe l’interessato – nell’ultimo anno di Liceo Classico, scappai da casa per andare a Roma alla scuola di regia».
In casa come la presero? «Non benissimo ma poi capirono e mi sostennero in questa scelta». E mai intuizione fu più centrata vista la straordinaria vita professionale che Damiani stesso racconta al Tirreno. Una vita tra i grandi del cinema affiancato dall’insostituibile presenza della moglie e assistente Adriana Lamacchia. Un cinema d’autore, complesso e povero nello stesso tempo. Lui che è livornese da generazioni e che decise di prendere un’altra strada rispetto al padre, ai tempi storico gelataio di via Goldoni, la cui professione è stata ripresa dalla figlia Monica titolare della gelateria “La mela stregata” in Piazza della Repubblica. Oltre a Monica la coppia ha un altro figlio, Giuseppe.
«Ho fatto l’aiuto regista di Rossellini e Pietrangeli, ho lavorato con Totò, Macario, personaggi grossi. E quando qualcuno mi chiede – racconta ancora Damiani “Scusi, ma lei cosa ha fatto?”, io rispondo “Guardi il mio curriculum, di regista cinematografico. Troverà delle risposte”. Sono uno tra i più premiati. Ho vinto l’Ippocampo d’oro, ovunque andavo vincevo». E se poi ho sempre avuto scarsa visibilità questo è sempre stato dovuta a un mio rapporto impossibile con in produttori».
A scanso di equivoci Damiani sta lavorando ancora oggi e addirittura a due prodotti in corso di realizzazione: «Il primo è il film “Oltre l’amore”: parla di un giovane attore, Marcello Palagi, che interpreta se stesso ovvero un ingegnere che progetta strumenti per permettere la mobilità dei bambini portatori di handicap. Abbiamo finito le riprese ed ora inizia il montaggio. Ho poi in essere le prove per la commedia di Stefano Massini “L’alba a mezzanotte” programmata per il 22 e il 23 novembre al Teatro Vertigo. Ma su questa non voglio dire niente perché sarà una sorpresa».
Il regista è un fiume in piena nel raccontare la sua carriera cinematografica: «Quando ero aiuto di Rossellini, mi aveva simpatico, mangiava sempre davanti a me. Era un uomo particolare. Diceva “Ricordati che se devi girare una scena con la cena, l’importante è che ci sia la tavola con la roba da mangiare”. Mi dava consigli. E mi raccontava le pieghe della sua vita privata, comprese le vicende che lo legavano ad Ingrid Bergman. Mi ripeteva “l’importante è non farsi schiacciare dai produttori”. Uno dei miei primi film me lo comprò una società panamericana, che a Roma aveva l’incarico di prendere in gestione tutti i film americani che arrivavano, i famosi kolossal. Controllavano l’intera Cinecittà e producevano lì i film. Avevo fatto anche l’aiuto regista con loro».
Nel riavvolgere il nastro Damiani torna alla delusione giovanile de “I nuvoloni”: «Mi tornarono a mente le parole di Rossellini. E io, in una pubblica intervista, dissi che i produttori dovevano andare a quel paese. Non ho più lavorato con quella produzione, mi avevano messo al bando».
Poi Amasi porta un copione a Giulietta Masina: lei lo legge, e dice che lo avrebbe voluto leggere anche il marito Federico Fellini. «Dopo la lettura mi chiamò: “Se oggi Federico fosse qui, mi ha detto che farebbe un film così”. Fu un gran complimento. Le spiegai la mia situazione, il fatto che i film li facevo in tre settimane, con al massimo 7 mila metri di pellicola. Diventammo amici. Provai alla Rizzoli, dove comandava il padre di Fabrizio Frizzi. E mi dissero che il film si poteva fare ma senza la Masina, perché lei, lontana da Fellini, era una carta perdente. E fui costretto a dire di no».
Dopo la rinuncia, Damiani realizza un film dal titolo “La regia è finita”. Corre il 1977. «La mia storia, e ci misi una scena nella quale il regista dice alla fidanzata, interpretata dall’attrice Valeria Ciangottini: “Bevo per quelli str…i dei produttori per i quali farò un film con pellicola scaduta”. Mi chiamarono all’Anica, era scoppiato un caos, e la mia casa di distribuzione fu costretta a bloccarne l’uscita».
Livornese sino in fondo. «Per questo non ho mai avuto i soldi, ho lavorato perché mi volevano bene». La carriera è lunga. Ha fatto film sulle opere di Mascagni, nel ‘99 ha realizzato uno dei suoi disegni più impegnativi, la vita di Gesù, «Jesus», proiettato in prima visione a Roma, nella Basilica di Santa Maria Degli Angeli. Tra le altre pellicole “Fate la nanna coscine di pollo”, “Petalo di Rosa” dove ebbe la sua prima particina in un film Dario Ballantini.
A un certo punto dell’intervista chiede la moglie Adriana vogliosa di definire il lavoro del marito: «Volete sapere la verità? Amasi non è un regista: è un poeta».
Al maestro chiediamo che ci tolga un’ultima curiosità ovvero l’origine del suo originale nome di battesimo: «Era il nome di un faraone. Mio padre volle dare a tutti i suoi figli un nome che iniziasse con la “a” e così mi toccò Amasi. Sempre meglio di Astarotte...». l
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