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Livorno, «La sua auto usata per una rapina»: novantenne truffato per 50mila euro

di Stefano Taglione
Una volante della polizia di Stato (foto d'archivio)
Una volante della polizia di Stato (foto d'archivio)

Falsi carabinieri al telefono: «La macchina è stata venduta, abbiamo bisogno di vedere il passaggio di proprietà». Poi l'arrivo e il furto dei gioielli

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LIVORNO. Chiamandolo al telefono prima e presentandosi al portone del condominio poi si sono spacciati per carabinieri: «L’auto che ha appena venduto è stata utilizzata per una rapina, dobbiamo passare da casa sua per ritirare i documenti che testimonino il passaggio di proprietà». Poche parole, decisive purtroppo per raggirarlo, anche perché la macchina qualche tempo fa era stata venduta davvero. Ennesima truffa ai danni degli anziani in città: la vittima è un novantenne che abita in piazza Manin, dove nel primo pomeriggio di venerdì 19 settembre un falso militare dell’Arma, non lo stesso che aveva chiamato al telefono e che è poi rimasto in linea per distrarlo, è entrato all’interno dell’appartamento del centro facendosi aprire la porta direttamente da lui e, mentre parlava sempre al telefono con il complice, ha svaligiato l’abitazione portando via almeno 50mila euro di gioielli. Tutto l’oro custodito, in pratica, ricordi di una vita, dal valore soprattutto affettivo.

Il racconto

A raccontare al Tirreno cosa è accaduto, chiedendo l’anonimato, è il figlio della vittima. «Purtroppo sono arrivato a casa dopo pochissimi minuti – le sue parole – e se da una parte è stato un problema, perché mio babbo è stato truffato, dall’altra poteva andare perfino peggio, dato che magari questo criminale mi prendeva a coltellate. Purtroppo questa città sta diventando insicura e certi episodi lo dimostrano». Secondo quanto riferito al figlio da suo padre «chi ha chiamato al telefono fisso, con il mittente anonimo, si è dimostrato molto scaltro, raccogliendo informazioni fondamentali prima della chiamata». «Noi la macchina l’avevamo venduta davvero – sostiene il familiare – quindi mio padre ha legittimamente creduto che dall’altra parte della cornetta ci fosse un carabiniere. Ascoltare un appartenente all’Arma, poi riceverlo in casa, ti crea un senso di sicurezza, purtroppo però in questo caso aveva di fronte un malvivente. Chi era al telefono, non la stessa persona che si è poi presentata alla porta, ha spiegato che l’auto da noi venduta era stata coinvolta in una rapina e che noi dovevamo dimostrare di averla ceduta attraverso i documenti che avevamo in casa, che un carabiniere sarebbe passato a ritirare dopo pochi minuti. Questo individuo è poi arrivato e mentre mio babbo era sempre al telefono, ha svaligiato l’appartamento. Mio babbo non ricorda se colui che si è presentato alla porta fosse italiano o straniero, anche perché ha pronunciato al massimo sei parole, non ha parlato molto insomma. Chi era dall’altra parte della cornetta, invece, parlava italiano molto bene e, purtroppo, lo ha ingannato. Sono persone molto esperte e purtroppo svolgono questo lavoro con grande professionalità». In zona, secondo il figlio, «sono già avvenuti episodi simili, ad esempio con la scusa di un familiare coinvolto in un incidente stradale o per controlli generali che poi si trasformano in veri e propri furti. Il consiglio che voglio dare è quello di fare massima attenzione: non aprire mai la porta agli sconosciuti e stare attenti quando arrivano queste telefonate».

Le indagini

Una volta che il figlio è rientrato in casa è stata immediata la chiamata al 112. Sul posto, in pochi minuti, è intervenuto un equipaggio della Squadra volante dell’ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico della polizia di Stato, diretto dal commissario capo Gabriele Nasca, che ha ascoltato la vittima e avviato le indagini, che dopo la querela sporta in questura saranno proseguite dai colleghi della Squadra mobile di via Fiume, coordinati dal vicequestore aggiunto Riccardo Signorelli. Il suo personale, poco più di un mese fa, è riuscito proprio ad arrestare un truffatore, che aveva appena messo a segno un raggiro a una donna nella zona di San Jacopo. La speranza è che lo scenario ora possa ripetersi, anche se non in flagranza di reato come avvenuto lo scorso agosto, ma magari grazie alle immagini delle eventuali telecamere presenti in zona. «Sì, qui nel condominio qualche impianto ci dovrebbe essere – conclude il figlio della vittima – e la speranza è che possa essere utile all’inchiesta. Speriamo la polizia possa scovarli». 


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