Il Tirreno

Livorno

Lavoro

Livorno, la favola di Mirko: da disoccupato a imprenditore con 12 dipendenti

di Flavio Lombardi

	Mirko Bibbiani con i due figli
Mirko Bibbiani con i due figli

Nel 2013 fu licenziato dalla Trelleborg ora apre il secondo locale in viale Carducci. «Avevo 55 anni e due figli da mantenere non mi sono mai arreso reinventandomi»

5 MINUTI DI LETTURA





LIVORNO. Una storia che comincia con tanta rabbia e disperazione per un posto di lavoro perduto.

La sua azienda nel riprogrammare gli organici, infatti, lo licenzia nel 2013 assieme ad altri sette compagni. Sono esuberi. Numeri, che mal si sposano con le strategie delle multinazionali. Ogni mattina, si guarda allo specchio e vede un uomo troppo giovane per andare in pensione, ma troppo vecchio per rimettersi in gioco sul mercato. Serve uno stipendio che non gli è più garantito. Studia allora un piano B, ha dei risparmi, punta tutto facendo la scommessa della vita con l’orgoglio per amico e tanta voglia di fare sana impresa supportato dai due figli che a 17 anni, terminato un ciclo triennale negli studi professionali, decidono di investire sul proprio futuro e mettersi in proprio facendo squadra.

È la storia di Mirko Bibbiani, titolare della pizzeria “I Tre Canti” di Corso Mazzini adesso a capo di una “piccola” realtà che conta 12 dipendenti e che proprio ieri ha raddoppiato, tirando di nuovo su la serranda in viale Carducci, di quella che per una trentina d’anni è stata la pizzeria-torteria Galassi, con una ventina di posti a sedere all’interno e una pedana appena fuori del marciapiede.

Un uomo che oggi, a 67 anni, ha raggiunto l’età della pensione, ma che prosegue a tirare la carretta con l’entusiasmo di chi ce l’ha fatta, e stimolato nel vedere i suoi ragazzi, Lorenzo e Giacomo, gemelli di 27, contenti, realizzati e grandi lavoratori.

Una storia di coraggio e dignità, che porta con sé un messaggio di speranza. È Mirko, che approfittando dell’inaugurazione della seconda attività vicino alla stazione, lancia il suo messaggio: «Non è mai troppo tardi, basta avere idee chiare, mettersi in discussione, non cullarsi sugli allori, essere pronti a investire perché il mondo d’oggi corre e si deve saper restare al passo». Una ricetta che potrebbe sembrare semplice, ma non lo è. Tuttavia, possibile.

Il licenziamento

Bibbiani riparte dall’inizio, che poi sembrava la fine... «Avevo 55 anni, lavoravo alla Trelleborg. Terminato il militare, entrai quando si chiamava ancora Polipack. Si producevano guarnizioni per macchine movimento terra. Fu deciso un bel giorno il ridimensionamento del personale, specialmente di chi cominciava ad avere un salario elevato. Ero caporeparto, 35 anni di anzianità, mi portavo dietro la maggiorazione delle notti, ero capo turno, e diversi scatti di anzianità. Praticamente costavo quanto un ingegnere di prima nomina. Facemmo causa. Vincemmo in primo grado, ma non in secondo. Senza aspettare i tempi della Cassazione, accettammo dei soldi che ci furono offerti, chiudendo il contenzioso. Ovviamente, una cifra che non garantiva il mio futuro e quello della mia famiglia. C’era da inventarsi qualcosa».

La sfida

Così, arrivò l’opportunità di prendere la pizzeria… «Senza mai aver fatto questo mestiere, mi gettai a capofitto nell’avventura, supportato da Massimo Busti, uno dei titolari, che mi ha insegnato l’arte dell’impasto e del fare la torta buona. Dopo il periodo di tutoraggio, andò poi alla Conad del Calambrone, salvo tornare, diventando un prezioso dipendente nostro. Con Lorenzo e Giacomo (che si manteneva facendo il pony pizza), più i vecchi soci di Busti che dopo un anno liquidai, è iniziata la storia di chi voleva farcela, stanco di fare il viottolo in Comune sperando che le istituzioni avessero armi per impedire quella che ritenevamo un’ingiustizia. Non ho conosciuto depressione, pancia a terra e con il sostegno dei miei figli che in quel modo si sarebbero creati una occupazione, mi sono lanciato».

I figli soci

Giacomo e Lorenzo, dipendenti ma anche soci ciascuno al 25%, hanno deciso con il babbo di aprire un altro punto. In questo modo, l’attività che è divisa per un 40 per cento nella clientela che mangia nel locale, ed il restante 60 dalle consegne a domicilio o dall’asporto, riesce a servire ancora meglio le zone della città, potendo raggiungere le abitazioni con puntualità svizzera. «Suonare il campanello senza sforare l’orario stabilito dalcliente è sempre stato un nostro punto di forza. Che fa la differenza. Da ora in poi, tutti gli ordini che ogni giorno possono essere fatti a partire dalle 15, verrano raccolti da un unico numero che penserà a smistarli o su Corso Mazzini o su viale Carducci».

Gli investimenti

Anche l’attrezzatura, i macchinari, sono importanti. «Sono l’unico che ha la macchina che fa le palline di impasto con i dosaggi giusti e il peso sempre uguale. Basta stendere, e si può proseguire nel preparare la pizza. Si guadagna tempo senza perdere in qualità. Ma in Corso Mazzini, abbiamo anche il forno con il piano rotante. Si tratta di un combinato gas-legna, che appena scende la temperatura data dalla combustione dei ciocchi, parte e riporta tutto a circa 400 gradi. Il grande disco che gira, riesce sempre a modulare la necessità di ciò che si cuoce, nei tempi dovuti e alla vicinanza ottimale dalla maggiore fonte di calore. Tutto importante sia per la pizza, ma anche per la torta. Una miglioria che proponemmo proprio nei quattro mesi in cui fummo chiusi. In tre settimane avremmo rinnovato il locale, ma poi arrivò la pandemia».

I tortai livornesi

Mirko è uno dei componenti della associazione tortai livornesi, un gruppo che ritiene molto affiatato. «Non esistono gelosie, stiamo sempre in contatto, ci scambiamo pareri e consigli, sempre pronti a rispondere ad iniziative che mettano in evidenza la tradizione livornese col famoso cinque e cinque». Il segreto per una pizza buona? «Materie prime di eccellenza, prezzi competitivi. Le gourmet, non servono. Poi, l’impasto. Va preparato prima, parecchio prima. Quante volte è capitato che uno uscito da un locale abbia detto di avere un gran sete? Non è colpa del sale o delle acciughe se uno na preso una Napoli. Dipende da troppo lievito, che qualcuno mette preparando l’impasto al pomeriggio per la sera. Avere amore per il proprio lavoro, significa fare le cose rispettando i tempi naturali».

Esperto mastro pizzaiolo ormai, Bibbiani è testimone dell’uomo che resta padrone del proprio destino. Che ha tanto rispetto per i ragazzi che gli fanno le consegne. «Spesso, per permettere loro di fare serate più redditizie alle quali aggiungere eventuali mance, gli lascio giri che permettono di fare con continuità avanti e indietro con il locale, caricando e partire a destinazione. E magari, a Montenero, che serve più tempo, ci vado io. Sono giovani, hanno bisogno di guadagnare e i soldi servono. Parola di ex disoccupato», racconta. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Flash dall'Italia

Il virus

West Nile, c’è la settima vitta in Italia: ha 68 anni

Estate