Il Tirreno

Livorno

Il caso

Livorno, finisce in carcere il ventunenne massacrato di botte per gelosia a San Jacopo

di Stefano Taglione
Ambulanze della Svs e una volante della polizia (foto d'archivio)
Ambulanze della Svs e una volante della polizia (foto d'archivio)

Era ricercato da gennaio dopo la distruzione del braccialetto elettronico. Lo avrebbero aggredito in otto con catene, bastoni, pugni e calci a causa di una relazione sentimentale con l'ex fidanzata di uno dei picchiatori

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LIVORNO. Poco più di una settimana fa, sul moletto di San Jacopo, era stato picchiato brutalmente da otto persone. Colpito alle spalle con una catena, era stato poi preso a calci, pugni e bastonate e lasciato dolorante a terra. Questioni sentimentali dietro l’aggressione del gruppo, visto che avrebbe avuto una relazione con l’ex fidanzata di un aggressore, anche se in un primo momento il branco, fuggendo, aveva urlato a due persone di passaggio (un uomo e una donna livornesi) di averlo pestato perché aveva occupato loro la casa, raccomandandosi che chiamassero subito il 112 perché «non è messo bene». Dopo essere stato soccorso dai volontari della Svs di via San Giovanni e raggiunto in ospedale dai poliziotti il ventunenne libico Rayen Fazey è stato portato in cella dagli stessi agenti delle volanti, dato che su di lui pendeva da ben sei mesi un mandato d’arresto.

Era ricercato

L’aggravamento di una misura cautelare il motivo per il quale il ventunenne nordafricano, difeso dall’avvocata Barbara Luceri, nei giorni scorsi è stato trasferito nel carcere delle Sughere. Il giovane, infatti, era stato liberato con l’obbligo di indossare il braccialetto elettronico, dispositivo che ha distrutto all’inizio dell’anno dandosi alla fuga. Nessuno, da allora, lo aveva più trovato. Era ricercato da gennaio, da quando ha rotto il congegno per il controllo telematico degli spostamenti, che da quel giorno aveva cessato di inviare il segnale alla centrale operativa. I poliziotti, insomma, lo hanno rintracciato ferito in un letto dell’ospedale e appena le condizioni di salute lo hanno reso possibile, di fatto un minuto dopo le dimissioni dall’osservazione breve intensiva, lo hanno trasferito su disposizione del tribunale nel penitenziario di via delle Macchie per il pericolo di fuga. Il procedimento penale per il quale era stato destinatario della misura cautelare riguarda una vecchia indagine per atti persecutori nei confronti di un’ex fidanzata, al tempo minorenne, che lo aveva denunciato. Processo che in primo grado, per altro, si è concluso con una condanna a un anno e quattro mesi di reclusione, ma a settembre è prevista la prima udienza in corte d’appello a Firenze dopo il ricorso presentato contro la sentenza dalla difesa.

Il pestaggio

Nel frattempo, da parte dei colleghi della Squadra mobile coordinati dal vicequestore aggiunto Riccardo Signorelli, proseguono gli accertamenti su quanto accaduto sul lungomare. Fazey è già stato ascoltato e conoscerebbe i suoi aggressori: non si sarebbe accorto, quella notte, del loro arrivo. Lo avrebbero sorpreso da dietro, colpendolo con una catena all’altezza della nuca, poi se li è visti tutti addosso mentre lo colpivano a calci, pugni e bastonate in faccia e su varie parti del corpo. Gli inquirenti ora stanno cercando di dare loro un volto e un nome: si sa che sarebbero tunisini e che uno di loro è l’ex fidanzato di una ragazza, anche lei straniera, con la quale recentemente Fazey avrebbe avuto una relazione sentimentale. 


 

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