Permessi facili a Livorno, ecco dove la polizia ha trovato i soldi sequestrati a Mazzotta
Il denaro era suddiviso in dodici mazzette da 50 e 100 euro che erano state raccolte e sistemate nel sottotetto
LIVORNO. Erano nascosti nel sottotetto della mansarda, i 170mila euro in contanti sequestrati a Giuseppe Mazzotta, il dirigente dei vigili del fuoco livornesi adesso in carcere (per il rischio di inquinamento delle prove) con l’accusa di corruzione nell’ambito dell’inchiesta sui permessi antincendio “facili”.
L’operazione
Un’inchiesta, questa, che si è aperta circa due anni fa a seguito di una segnalazione collegata a una condotta del principale indagato relativamente al rilascio, appunto, dei permessi antincendio. A seguito delle indagini – coordinate dalla sostituto procuratore Antonella Tenerani e portate avanti dalla Squadra mobile della polizia di Stato guidata dal dirigente Riccardo Signorelli – sono state eseguite decine di perquisizioni e alcuni sequestri, quello più consistente proprio ai danni di Mazzotta, difeso dall’avvocato Roberto Nuti.
Il nascondiglio
Si apprende che al dirigente dei vigili del fuoco sono stati sequestrati «170mila euro suddivisi in 12 mazzette composte da banconote da 100 e 50 di taglio, a loro volta custodite in una scatola di cartone da scarpe». I soldi erano «occultati nel sottotetto della mansarda».
L’accusa
Il sequestro è collegato al fatto che le indagini «hanno evidenziato come Mazzotta, nell’esercizio delle proprie funzioni, in cambio di utilità varie e somme di denaro talvolta ricevute in contanti, elargite anche da liberi professionisti compiacenti dopo aver emesso nei confronti dei corruttori false fatturazioni o quale retribuzione in ordine agli introiti percepiti per lavori ottenuti grazie alla sua intercessione, si fosse adoperato per consentire ai privati indebiti vantaggi in relazione a pratiche antincendio o all’espressione di pareri favorevoli dei vigili del fuoco alla concessione di aumento della capienza dei locali pubblici». Gli agenti della Squadra mobile della questura di Livorno, come detto, hanno eseguito anche ulteriori perquisizioni nei confronti degli altri indagati (trenta, complessivamente).
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