Il Tirreno

Livorno

La sentenza

«Ha ucciso Ginetta»: macellaio condannato all'ergastolo dalla Cassazione

di Stefano Taglione
Youssef El Haitami
Youssef El Haitami

La corte suprema pone la parola fine sull’omicidio della sessantaduenne che viveva alla Guglia. Youssef El Haitami, 57 anni, dovrà restare in carcere a vita

18 aprile 2024
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LIVORNO. La Cassazione mette la parola fine sul delitto della Guglia. Il macellaio Youssef El Haitami è stato condannato all’ergastolo: «Ha ucciso lui la moglie Ginetta Giolli». La prima sezione della corte suprema, nel pomeriggio di martedì 17 aprile, ha confermato la pena massima per l’artigiano marocchino, come già era stato deciso in primo grado e in appello. L’uomo, 57 anni, era accusato dell’omicidio della moglie sessantaduenne, uccisa a martellate nell’estate del 2021 nel suo alloggio popolare di via Garibaldi, alla Guglia. El Haitami si è sempre professato innocente, sostenendo che la sera del primo luglio, quando secondo l’accusa l’avrebbe uccisa, avrebbe mangiato una pizza in sua compagnia e poi sarebbe uscito per andare a dormire nella macelleria a poca distanza dall’appartamento, sempre in via Garibaldi.

I fatti

Ginetta, nel primo pomeriggio del 3 luglio del 2021, è stata trovata morta nella sua camera con il cranio fracassato. A rinvenire il cadavere i vigili del fuoco, entrati nell’appartamento dopo l’allarme dell’amica del cuore della vittima, Chiara Casciana, che da un giorno e mezzo non riusciva più a mettersi in contatto con lei e che poche decine di minuti prima che venisse uccisa, secondo la procura la sera del primo luglio, l’aveva riaccompagnata a casa dopo un’uscita serale a Tirrenia, dove insieme a lei e alla figlia piccola erano state a cena in un ristorante. I pompieri, entrando all’interno dell’appartamento insieme ai volontari della Svs e al medico del 118, avevano accertato che la serratura era stata chiusa a mandate dall’esterno, quindi da una persona in possesso delle chiavi. Il martello, El Haitami, l’ha poi nascosto dietro a una stufa a gas ed è stato trovato, durante il sopralluogo post-delitto, dagli agenti della polizia scientifica. Le indagini della Squadra mobile, infatti, erano partite immediatamente dopo che i colleghi delle volanti, vedendo la donna stesa nel letto e ferita alla testa, li avevano avvertiti, allertando subito anche il pubblico ministero Pietro Peruzzi.

L’ultima telefonata

L’amica, l’ultima persona prima dell’assassino ad aver visto viva Ginetta, ci aveva parlato al cellulare pochi minuti prima che morisse. Dopo averla riaccompagnata a casa, dove come è stato ormai appurato l’attendeva El Haitami, Casciana l’aveva sentita con una breve telefonata alle 23,24: «Io poi non ce la fo a dì bugie – queste sarebbero state le parole della sessantaduenne mentre era chiusa in camera da letto e il macellaio, suo marito solo per ragioni legate all’ottenimento del permesso di soggiorno in Italia, sarebbe stato in sala a bere delle birre – Quindi gli devo dì per forza che non ce lo voglio perché sono una donna libera, voglio stà da sola». «L’ho sentita spaventata, impaurita – aveva raccontato la donna, al Tirreno, il giorno stesso della scoperta del cadavere – e mi ha detto che sarebbe andata a dormire. Suo marito, che in quel momento si trovava in casa con lei, aveva bevuto della birra ed era rimasto a dormire sul divano. Qualche giorno prima avevano litigato, lei si era lamentata perché lui non l’aveva aiutata a portare degli oggetti per le scale».

Il movente

Secondo l’accusa, El Haitami, avrebbe ucciso la consorte perché lei voleva, una volta per tutte, cacciarlo via di casa. Anche se non convivevano, infatti, capitava che lei lo facesse dormire nell’appartamento di Casalp, un alloggio popolare dove di fatto abitava da sola. Ginetta è stata uccisa in camera da letto, dove si era spostata da sola per riposare. Lasciando il marito in un’altra stanza. Ma lui, scappando poi verso Roma, l’ha ammazzata a martellate in testa. Ora lo ha deciso anche la Cassazione.

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