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Legge toscana sul fine vita, la Corte Costituzionale indica quattro articoli da modificare – Quali sono e il motivo

di Redazione web

	La decisione della Corte Costituzionale 
La decisione della Corte Costituzionale 

Secondo i giudici, la norma nel suo insieme rientra nella potestà legislativa concorrente in materia di tutela della salute e mira a uniformare l’assistenza del servizio sanitario regionale alle persone che chiedono di accedere al suicidio medicalmente assistito

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La Corte Costituzionale ha esaminato la legge toscana sul fine vita, approvata a febbraio e impugnata dal Governo a maggio, stabilendo che non è illegittimo l’impianto complessivo, ma che diverse disposizioni hanno oltrepassato i confini delle competenze regionali. Secondo i giudici, la norma nel suo insieme rientra nella potestà legislativa concorrente in materia di tutela della salute e mira a uniformare l’assistenza del servizio sanitario regionale alle persone che chiedono di accedere al suicidio medicalmente assistito. Tuttavia, alcuni articoli intervengono su ambiti che la Costituzione riserva allo Stato.

Gli articoli dichiarati incostituzionali

La Consulta ha individuato tre punti critici:

  • Articolo 2 – È stato giudicato incostituzionale perché definisce direttamente i requisiti per accedere al suicidio medicalmente assistito richiamando le sentenze 242/2019 e 135/2024. Per la Corte, una Regione non può sostituirsi al legislatore nazionale in materie che toccano l’ordinamento civile e penale.
  • Articoli 5 e 6 – Sono stati bocciati nelle parti che impongono tempi rigidi per verificare i requisiti e per stabilire le modalità di attuazione. La Corte ritiene che tali aspetti richiedano uniformità su tutto il territorio nazionale e rientrino quindi nella competenza statale.
  • Articolo 7, comma 1 – È stato dichiarato illegittimo perché attribuisce alle Asl compiti operativi e farmacologici legati al supporto al suicidio assistito, materia che non può essere disciplinata autonomamente da una Regione.

Mazzeo: «La Toscana ha agito nel perimetro delle sue competenze»

Il vicepresidente della Regione, Antonio Mazzeo, accoglie la decisione con soddisfazione. Secondo lui, la Consulta «ha riconosciuto la legittimità complessiva della legge», confermando che l’intervento toscano aveva l’obiettivo di organizzare, attraverso il servizio sanitario pubblico, l’accesso a un diritto già riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale. Mazzeo sottolinea che le parti da correggere riguardano «profili procedurali», mentre l’impianto politico e valoriale della norma resta intatto. «Recepiremo le indicazioni della Corte con serietà – afferma – senza arretrare sul principio che ci ha guidato: rendere effettivi diritti già esistenti».

Giani: «La Consulta conferma la nostra scelta»

Anche il presidente della Regione, Eugenio Giani, rivendica la bontà del percorso legislativo toscano. Per Giani, la sentenza «riconosce la legittimità e i contenuti della materia», ricordando che lo Stato non è intervenuto nonostante la Corte, già nel 2019, avesse sollecitato il Parlamento a legiferare. «La Toscana è stata la prima a muoversi – afferma – mentre il Governo chiedeva di abrogare la nostra legge. Ora la Consulta conferma che le Regioni hanno titolo per intervenire sul piano organizzativo».

Cosa succede adesso

La Regione dovrà ora modificare gli articoli dichiarati incostituzionali, mantenendo però in vigore il resto della legge. Il confronto con il Governo e con il Parlamento resta aperto: la sentenza, infatti, ribadisce ancora una volta la necessità di una normativa nazionale che definisca in modo uniforme tempi, procedure e responsabilità sul fine vita.

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