Il Tirreno

Livorno

L'intervista

Tredicenne accoltellato e rapinato, il questore: «Gli stranieri che delinquono vanno espulsi o messi in carcere»

Stefano Taglione
Il questore di Livorno, Roberto Massucci
Il questore di Livorno, Roberto Massucci

Livorno, il questore Roberto Massucci: «Le rapine spesso avvengono per comprarsi la droga o il cibo. Viceversa, chi si vuole integrare, va premiato e regolarizzato»

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LIVORNO. «Militarizzare Livorno non è la soluzione alla microcriminalità. Guardando i dati in maniera oggettiva noto che c’è una popolazione criminale resistente soprattutto fra alcune comunità straniere. Abbiamo allora due percorsi da intraprendere: da un lato dobbiamo premiare chi si vuole integrare, regolarizzandolo e consentendogli di trovare un lavoro regolare, dall’altro bisogna punire in modo rigoroso chi non vuole farlo, vivendo nell’illegalità. Queste persone vanno espulse, e almeno due cittadini stranieri a settimana noi li accompagniamo nei centri di permanenza per il rimpatrio, o messe in carcere».

A parlare, dopo la rapina e l’accoltellamento ai danni di un ragazzino di 13 anni nel quartiere di Corea, è il questore Roberto Massucci. Un episodio che il responsabile provinciale della polizia di Stato definisce senza mezzi termini «intollerabile e becero».

Questore, parla di popolazione criminale resistente fra alcune comunità straniere di Livorno. Che cosa vuol dire?

«È un dato di fatto. Una popolazione criminale che si sposta da un reato all’altro. Negli ultimi mesi, ad esempio, i numeri ci dicono che sono diminuiti i furti nei negozi e il motivo è che i commercianti hanno preso coscienza del problema, installando sempre più sistemi antifurto e telecamere. Recentemente, invece, abbiamo registrato aumenti nei furti con strappo e in quelli con destrezza. Sono invece diminuite le rapine».

Un episodio del genere, ai danni di un ragazzino di 13 anni, riduce molto il tasso di sicurezza percepito dal cittadino. Come si può intervenire efficacemente?

«Questo episodio non credo che sia legato al quartiere o ad esempio all’ora in cui è accaduto. Inutile anche pensare di predisporre servizi di ordine pubblico in Corea, perché un fatto del genere, lo ripeto, non è geolocalizzabile. Per capire meglio come possiamo intervenire dobbiamo comprendere prima chi è la persona che ha agito, per sapere come mai lo ha fatto e poi studiare il da farsi. A Livorno chi compie certi reati viene sempre preso. Con i carabinieri, come con tutte le altre forze dell’ordine, c’è grande sintonia. Ognuno gioisce dei successi dell’altro, collaboriamo sempre, senza gelosie. Perché l’obiettivo deve essere quello di lavorare bene e raggiungere i migliori risultati possibili».

Rispetto a qualche anno fa, forse, c’è più disperazione? Ci sono più persone che hanno sempre meno da perdere riducendosi perfino a rapinare un ragazzino di 13 anni?

«Per rispondere a questa domanda il ragionamento dovrebbe essere molto più ampio. Le disponibilità economiche, in Italia, sono le stesse rispetto al passato? L’inclusione sociale a che punto è? Statisticamente posso dire che molto spesso le persone rubano per comprarsi la droga o per acquistare da mangiare».

Sui giovani state facendo un percorso che sta portando ottimi risultati.

«Esatto e non ho visto il ripetersi di episodi come quelli di via Cambini (auto in corsa assaltate ndr) o della Venezia. Gli incontri per sensibilizzare, ad esempio quelli nelle scuole, sono molto utili. Poi, in casi come la rissa dopo la partita di basket, siamo intervenuti con i daspo».

Qual è la strategia per Livorno?

«La città perfetta non esiste, sia chiaro, ma Livorno merita una progettualità che si avvicini allo zero in termini di reati, perché ci sono le condizioni per farlo, e tutti insieme dobbiamo guardare al miglioramento della qualità delle persone. Chi non ci sta, preferendo delinquere, deve essere espulso o andare in carcere». l

S.T.
 

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