Alleanza Logistica e Manifattura: Confindustria celebra le “nozze” fra costa e Firenze
Il “patto” fra manifattura e logistica è nella convenienza di entrambi: l’una fa la competitività dell’altra
LIVORNO. La Confindustria territoriale avrà un nuovo identikit geografico: Livorno e Massa Carrara a “nozze” con Firenze. Sul “quando” all’associazione degli industriali guidata dall’imprenditore livornese Piero Neri tengono la bocca cucita. Quanto al “se”, invece, è difficile non immaginarlo come l’approdo naturale di una strategia: quella della “T” orizzontale – così l’ha definita il direttore confindustriale Umberto Paoletti in un recente incontro – che mette in collegamento la costa toscana con il polo fiorentino.
Si tratta di province che non sono attaccate l’una all’altra sulla mappa, ma – ha spesso ripetuto Neri ai suoi più stretti collaboratori – il legame fra industria manifatturiera e piattaforme logistiche non sta nella contiguità dei ritagli territoriali bensì nelle direttrici di traffico delle merci. Il “patto” fra manifattura e logistica è nella convenienza di entrambi: l’una fa la competitività dell’altra. Basti pensare agli effetti che avrà il mix di Covid e guerra nel ridisegnare la “regionalizzazione della globalizzazione”.
Ma soprattutto smettiamola di immaginare Firenze solo come un museo a cielo aperto: risulta in seconda posizione a livello nazionale nella classifica del surplus commerciale manifatturiero con l’estero e da vent’anni è fra le prime dieci province made in Italy. Non mancano gli elementi di fragilità: come l’export concentrato in un pugno di big; come il raffreddarsi del feeling con i mercati Usa. Ma c’è anche da dire che fra le prime venti imprese di spedizioni presenti in Italia ben sei hanno la “targa” toscana, “valgono” un iceberg di fatturato complessivo di 1,3 miliardi di euro.
La svolta: dietro le quinte
È negli ambienti di Confindustria (e di Confetra) che, anche grazie all’amicizia personale fra i due presidenti, Piero Neri (Livorno-Massa Carrara) e Maurizio Bigazzi (Firenze), è cresciuto l’humus sul quale è germogliata la svolta che guarda all’alleanza fra la costa e il “cuore” della Toscana, fin qui l’una in guerra con l’altra. Poi la politica ha fatto proprio questo nuovo clima: con il sindaco fiorentino Dario Nardella (in una intervista-svolta al Tirreno nel marzo 2021) e con il presidente della Regione Eugenio Giani. Il “conclave” della Camera di Commercio livornese-maremmana guidata dal grossetano Riccardo Breda aveva tenuto a battesimo questo voltar pagina.
Chiacchiere da convegni e bigné? Incredibile a dirsi, ma forse no. È a mezzo passo dalla porta dell’ex Cipe (e se non ci fosse stata la crisi di governo vi sarebbe già entrato…) il finanziamento da 317 milioni di euro per la prima metà della “ferroviarizzazione” del porto-interporto di Livorno. L’ha portato a segno la viceministra Teresa Bellanova. Ce l’ha (quasi) fatta dopo che, una volta ottenuti i 200 milioni per la Darsena Europa nell’estate di due anni fa, qualunque altra richiesta arrivasse da Livorno riceveva come risposta: avete già avuto. È un miracolo necessario: altrimenti come faremmo a portar via dalle banchine tutta la merce in più arrivata con le navi grazie all’espansione a mare (aggiungendo non solo gli 800mila teu previsti per il nuovo terminal container ma anche milioni di tonnellate extra con la trasformazione che nel porto di Livorno interesserà quasi 2mila metri di banchina e circa 50 ettari di piazzali).
Infrastrutture lato terra
C’è bisogno di uno sforzo lato terra almeno altrettanto impegnativo per avere infrastrutture ferroviarie in grado di far passare da qui al 2030 dal 17,2% al 25% i container via treno. Con un balzo da 59mila a 310mila teu in pochi anni, e senza contare camion e semirimorchi spediti via nave.
Dietro le quinte di quei 317 milioni c’è stata la mobilitazione di istituzioni e parlamentari locali. Ma le radici partono dall’incontro che a dicembre scorso proprio la Confindustria costiera e la Confetra regionale hanno organizzato con la viceministra.
Non tragga in inganno se fin qui abbiamo parlato di Livorno: in realtà, la Confindustria della costa toscana porta in dote tutti e tre i porti della nostra regione. Fanno capo a due Autorità di Sistema Portuale differenti e hanno un gran ventaglio di tipologie e una forte potenzialità di sviluppo (sia Marina di Carrara che Piombino).
In Confindustria lo negherebbero a tutte le latitudini ma, oltre all’importante sinergia sui servizi interni, c’è anche una questione sul peso specifico delle differenti componenti territoriali: è quel che accade all’interno di qualsiasi organizzazione. Non è un segreto che l’aggregazione fra Lucca, Pistoia e Prato ambisca a puntare in alto: si è strutturata come realtà omogenea (con l’etichetta di “Confindustria Toscana Nord”). Ma l’alleanza fra la costa e Firenze ha una gran potenza di fuoco nei numeri, si pensi anche solo al coordinamento delle multinazionali che comprende 56 gruppi e 9mila addetti fra Livorno e Massa, una settantina con quasi 20mila lavoratori nel polo fiorentino, come detto da Paoletti nel Pierburg-day. È però soprattutto nell’alleanza manifattura-logistica l’ossatura.
Non sarà questione di domattina né di dopodomani ma presto o tardi potrebbe scegliere un’alleanza anche la Confindustria di Pisa, rimasta finora fuori dalle aggregazioni. Avrà con sé la manifattura (soprattutto farmaceutica e nautica) e la logistica (aeroporto) ma anche – e questo è un altro pallino di Neri – i “cervelli” dell’università, compresi i centri di ricerca dell’ateneo statale così come del Sant’Anna e della Normale. Questa però è già un’altra storia.
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