Il Tirreno

Livorno

I primi cent’anni del Gruppo Labronico Passione per l’arte col cuore amaranto

Simone Fulciniti

Nello stesso anno della morte di Amedeo Modigliani a Parigi,  nel ricordo del pittore Mario Puccini nasce il centro dei pittori livornesi 

15 luglio 2020
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l’anniversario

Simone Fulciniti

Il 18 giugno 1920 all’ospedale Santa Maria Nuova di Firenze muore Mario Puccini. Tutto comincia così. La notizia ben presto arriva a Livorno, e raggiunge i colleghi pittori, probabilmente intenti a discutere seduti intorno ai tavoli del caffè Bardi, in piazza Cavour.

La morte dell’artista, certamente attesa viste le condizioni di salute in cui versava, tuttavia ha il potere di sconvolgere gli amici: decidono di fare qualcosa per onorarne la memoria. Quel giovedì di metà luglio, esattamente 100 anni fa, nello studio di Gino Romiti, si riuniscono artisti del calibro di Baracchini Caputi, Cavagnaro, Cipriani, Cognetti, Guzzi, March, Michelozzi, Natali, Razzaguta, Renucci, Romanelli, Romiti, Rontini, Tarrini, Zampieri e Zannacchini: prende vita il celebre “Gruppo Labronico”.

Così recita l’atto costutivo: «Si propone, dopo la scissione della federazione artistica livornese in seguito alla votazione contraria ottenuta per le proposte onoranze alla salma di Mario Puccini, di fondare il gruppo Mario Puccini. Ma dopo ampia discussione, e su proposta del pittore Gastone Razzaguta, viene deciso di riunirsi come Gruppo Labronico, sempre però promettendosi di adoperarsi in ogni modo, perché la salma del pittore Mario Puccini venga trasportata e definitivamente inumata nel famedio di Montenero».

valorizzare l’arte labronica

Un obiettivo primario (realizzato soltanto nel 1988) che si sposa con la volontà di valorizzare la pittura labronica, attraverso un’organizzazione che possa farla conoscere a tutti. Ai fondatori ben presto si aggiungono altri fuoriclasse: allievi diretti di Fattori, come Micheli, Nomellini, Ghiglia e Lloyd. O emigrati all’estero quali Muller e Cappiello. Insieme per promuovere la propria esperienza, attraverso mostre, ed altre iniziative.

«Non è un sodalizio che nasce dal nulla, – dice Michele Pierleoni, gallerista e consigliere del gruppo – sono pittori che già nel 1912 fanno esposizioni d’arte ai bagni Pancaldi, artisti che si frequentano abitualmente. Il gruppo diventa un coagulo del fermento artistico cittadino di quel periodo. Al suo interno si trovano storie diverse: dall’anziano Renucci al giovane Zampieri, generazioni che si uniscono nel ricordo di Puccini».

E subito scattano le prime iniziative. «Già nell’agosto del ’20, c’è la mostra organizzata all’hotel Palazzo. Nel ’21 un'altra, più strutturata con tanto di catalogo, e via col vento in poppa. Ognuno aveva la sua personalità, seppur con quei tratti comuni che legano la pittura livornese».

un caleidoscopio di esperienze

Col tempo ci sono stati cambiamenti, specie dopo l’ingresso di figure d’avanguardia come Voltolino Fontani, Piero Monteverde, poi Osvaldo Peruzzi. «Cent’anni sono tanti, tanta l’acqua sotto i ponti: si sono alternati periodi di difficolta e rinnovamento. Se inizialmente racchiudeva l’espressione tradizionale, dopo ci saranno esperienze diverse».

Nel 1920, oltre a Puccini, muore anche Modigliani, nel silenzio. «Amedeo era visto come un “diverso”, – spiega Alessandra Rontini, critica d’arte e nipote di uno dei fondatori – si distingueva rispetto ai labronici. Era andato in Francia, mentre gli altri erano arroccati alla città. Quindi venne considerato rivoluzionario, uno che aveva tradito Livorno. Mario era amato, amico vero, frequentatore assiduo del Bardi, del quale era divenuto simbolo e punto di riferimento. E quindi tutti gli erano molto legati. Mio nonno Ferruccio amava molto il suo “gruppo”, così come mio padre Giulio che ne fu anche presidente».

Il dono dell’archivio storico

Di recente il Gruppo labronico ha donato il prezioso archivio storico (dal ’20 al ’32), rimesso in ordine dalla dottoressa Veronica Carpita. «Carte conservate nelle plastiche – sottolinea – con qualche problematica. Dopo il ricondizionamento, ho cercato di ricostruire l’archivio come doveva essere in principio. Per poi donarlo al Museo Fattori, luogo idoneo per la conservazione».

Carpita racconta di pezzi straordinari. «Ci sono bellissime lettere di Plinio Nomellini». Ed episodi divertenti. «Organizzando un'esposizione alla galleria di Lino Pesaro, Natali e gli altri andavano spesso a Milano: la cosa che non mancava mai, oltre ai quadri, era il cibo. Ci sono carteggi che riportano la spedizione del pesce per fare il cacciucco a Milano, con indicazioni ben precise».

La bontà di questo lavoro è confermata anche dal presidente attuale del gruppo labronico (ultimo di una lista che comprende Liegi, Nomellini, Natali, Romiti, Borgiotti, Domenici, Zampieri, Da Vicchio, Luschi e l'unica donna Sira Borgiotti Caglieri), Gianfranco Magonzi.

«La cura archivistica è stata decisiva; se l’avessimo dato al museo come un semplice pacco non avrebbe avuto significato. Mentre adesso, ben sistemate, le carte sono a disposizione di tutti».

Dal passato al presente

Un illustre passato, un buon presente. «Oggi il gruppo è attivo, si contano 34 soci: ognuno dipinge secondo le sue idee, e non ci sono forme estetiche di riferimento. Abbiamo aperto, da un paio di anni, anche a coloro che, pur non essendo di Livorno, con la città hanno qualche rapporto: ampliando di fatto l’ottica e il panorama».

Un anno cominciato bene, fino allo stop imprevisto. «Abbiamo aperto il 2020 con la 70ª mostra a Firenze, nel centro espositivo dedicato a Carlo Azeglio Ciampi», dice Magonzi. «Poi qui, al Museo della città avremmo dovuto realizzare un grande evento dedicato a Mario Puccini e all’anniversario della nostra fondazione, due centenari legati a filo doppio. Ma al momento di mettere le basi, la pandemia ha buttato tutto all’aria».

L’ appuntamento è rimandato al 2021. Buon compleanno gruppo labronico, altri cento di questi giorni. —

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