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D’infarto acuto si muore meno: l’ospedale di Grosseto è al top in tutta Italia – I motivi, il parere dell’esperto e gli errori da non fare

di Sara Venchiarutti

	L'ospedale Misericordia
L'ospedale Misericordia

La provincia maremmana è al secondo posto con 283 casi trattati nel 2024: tutti i numeri e l’analisi del direttore Ugo Limbruno

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GROSSETO. A Grosseto d’infarto si muore sempre meno. La provincia è la seconda a livello italiano per l’efficacia del trattamento, con un tasso di mortalità del 2,7%, ben al di sotto sia della media nazionale (al 6,8%), sia di quella regionale (del 4,3%).

Sono i dati del Programma nazionale Esiti 2025, che conferma l’ottima performance dell’Asl Toscana sud est nel trattamento dell’infarto miocardico acuto.

«Ecco i motivi»

Dietro il risultato, che posiziona il Misericordia ai primi posti ormai da anni, le ragioni sono varie. «Una delle principali – sottolinea Ugo Limbruno, direttore della Cardiologia di Grosseto – è l’organizzazione dell’intero sistema: per curare bene l’infarto, infatti, è decisivo riaprire l’arteria coronaria il prima possibile. Per fare questo, bisogna che tutto il sistema sia sincronizzato come un orologio: dall’emergenza territoriale ai pronto soccorsi, dalla cardiologia all’emodinamica della cardiologia. Non è solo un reparto che deve funzionare bene, ma è la rete, la sincronizzazione di vari setting e di tutte le figure professionali coinvolte».

I fattori

L’altro fattore è il volume dell’attività. Detto in altre parole, «quanti infarti trattiamo in un anno: se sono pochi – sottolinea Limbruno – la competenza clinica è bassa». Ebbene, Grosseto, insieme ad Arezzo, «sono i due centri toscani che ricoverano il maggior numero di infarti con l’arteria completamente chiusa (infarto con sopraslivellamento del tratto St)», aggiunge il direttore. Anche in questo caso il Misericordia è al primo posto in tutta la Toscana, con 283 ricoveri per questa tipologia di infarto – il più grave – nel 2024. Per dare un’idea, Arezzo ne ha trattati 280, Careggi, a Firenze, 249. Dati, questi, che «vanno letti sotto forma di rete, perché è una rete – aggiunge il direttore – che deve trattare l’infarto. E in questo campo il volume di attività ha una sua importanza nel determinare buoni risultati».

Si arriva così al terzo motivo che ha sostenuto il risultato grossetano. «Al Misericordia la terapia intensiva coronarica cardiologica – sottolinea Limbruno – gestisce anche i pazienti più gravi senza bisogno di trasferire i pazienti in rianimazione, a differenza di altri ospedali, dove il paziente intubato – il più grave – deve essere gestito al di fuori di un ambiente strettamente cardiologico».

Numeri

Questo per quel che riguarda le forme di infarto più gravi. Se si sommano all’altra tipologia, il reparto di Cardiologia del Misericordia conta una media di circa 550-600 infarti all’anno. Ampliando lo sguardo a tutte le patologie trattate – l’infarto resta la principale, ma ci sono anche scompenso cardiaco, embolia polmonare, aritmie, valvulopatie e cardiopatie rare – durante i primi otto mesi di quest’anno i ricoveri sono stati 1.125 (su un volume di circa 1.700 all’anno). «Con un aumento di ricoveri di circa il 5%, sempre guardando a tutte le patologie». Attenzione: «Questo – precisa Limbruno – non significa tanto che ci si ammala di più: da un lato c’è il turismo, che porta un afflusso maggiore di persone, soprattutto d’estate; dall’altro il Misericordia sta diventando un punto di riferimento anche per gli ospedali più lontani, sia dal Lazio, sia dalla provincia di Livorno, e questo contribuisce all’aumento dell’attività».

Dove intervenire

E ora, portato “a casa” il risultato per l’infarto più grave, si lavora già a come migliorarlo ulteriormente. A questo proposito è stato individuato un aspetto su cui intervenire, e cioè «la consapevolezza della popolazione – spiega Limbruno – di cosa bisogna fare in presenza di sintomi che possono essere riferiti a un infarto. Da un’indagine che abbiamo svolto nella nostra rete, analizzato i ritardi di ogni snodo, ci siamo resi conto che una parte rilevante della dilazione è “imputabile” al paziente stesso che ha il dolore al petto, ma non chiama subito i soccorsi. Magari è tardi, non vuole disturbare, aspetta la mattina se il dolore è sempre forte, non sospettando di avere un infarto. Si tratta però di momenti preziosi. Per questo vogliamo rafforzare un’attività divulgativa con la popolazione per spiegare che, quando ci sono sintomi potenzialmente riferibili a infarto, è importante chiamare subito il numero unico di emergenza 112». Ad esempio, «qualsiasi dolore tra lo stomaco e il mento (anteriore, laterale, posteriore), se non passa dopo pochi minuti, può essere riferibile a un infarto e va quindi indagato rapidamente, chiamando i soccorsi».

Cosa non fare

Un altro errore da evitare è quello dell’autopresentazione, ovvero prendere la propria auto e andare all’ospedale: «Sull’ambulanza è possibile fare immediatamente l’elettrocardiogramma per valutare il problema e, in base a quello, il paziente viene trasportato rapidamente all’ospedale più corretto per quella patologia».

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