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La storia

Grosseto, il dramma di Andrea: tetraplegico e senza casa, «nessuno spazio per i disabili»

di Matteo Scardigli

	Andrea Canessa e il punto dove fu investito
Andrea Canessa e il punto dove fu investito

Dopo un incidente che lo ha reso tetraplegico, Andrea si ritrova senza casa e senza alternative: “Le Rsa non mi accettano, sono troppo giovane”

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GROSSETO. Non c’è pace per Andrea Canessa, tetraplegico di 40 anni da otto in carrozzina dopo un incidente stradale (quest’estate è stato poi investito e multato) che ora cerca alloggio ritrovandosi – racconta – in un labirinto di «porte chiuse e ultimatum».

Sono le 7 del mattino del 15 giugno 2017 quando Canessa esce di strada con l’auto diretta al lavoro. Ritorna a vivere dopo tre giorni di coma e da lì comincia, partendo da sette mesi all’unità spinale di Perugia, la sua battaglia per riconquistare quanta più autonomia possibile; perché, essendo il “piccolo” di casa, deve occuparsi anche dei genitori tra bollette, Cie, Spid e altre amenità burocratiche, con loro che lo aiutano nelle incombenze quotidiane. Non che da lì in avanti sia tutto rose e fiori, anzi, ma si tira avanti; al netto, si diceva, di quando a fine luglio è stato travolto da un’auto (bacino incrinato e fratturata una scapola) ed è stato sanzionato: era in strada, tra le vie Giusti e Pirandello, perché «il marciapiede lì è impraticabile» e la sua condotta di “pedone in carreggiata” è stata considerata passibile di multa (41 euro, ha fatto ricorso). Si tira avanti almeno fino a poco tempo fa.

La sistemazione temporanea

La situazione precipita a causa di una diagnosi che si abbatte sulla famiglia, e lui è costretto a trovare una sistemazione temporanea. Ne ha già avute, in passato, per un motivo o per l’altro, ma si è sempre trattato di periodi brevi e in condizioni sulle quali ogni volta ha avuto un certo margine di controllo per scegliere la destinazione. Ma non in questo caso: oggi ha un’urgenza e quel margine non c’è, e così comincia a chiedere attraverso amicizie e canali ufficiali, che spesso per chi è disabile sono un po’ la stessa cosa. La scelta più logica è una Rsa, una residenza sanitaria assistenziale: sarà attrezzata per le sue esigenze, pensa.

«Mi sono sentito dire che le Rsa sono per anziani e io sono troppo giovane, e che arredi e sanitari non sono su misura per le persone disabili», riassume, e poi precisa: «Quei locali sono concepiti per persone che magari stanno su una sedia a rotelle, come me, ma che a differenza di quanto faccio io spesso hanno bisogno di un aiuto per tutto», una sorta di via di mezzo tra il comfort degli ospiti e le necessità di lavoro degli operatori. E poi il suo non sarebbe un ricovero in senso stretto ma una permanenza in regime privato, quindi fa un’altra cosa.

«Forzando un po’ la mano sono riuscito a ottenere un voucher», spiega. In genere a questo punto succede che si spalanca un mondo, ma non è esattamente così: «Premesso che non capisco cosa cambia avere un voucher per entrare in Rsa (dà più sicurezza alla struttura?) quando pago un sacco di soldi per cure e terapie, improvvisamente mi hanno aperto tre porte. Solo che mi hanno detto che dovevo accettare seduta stante o avrebbero dato il mio posto a qualcun altro, senza la possibilità di controllare di persona se arredi e sanitari sono adatti a me».

La difficoltà nello spostarsi

Canessa è tra l’incudine e il martello: non può andare troppo lontano dai genitori né dai professionisti che curano la sua riabilitazione, ma vicino a casa non trova niente e i lunghi spostamenti sono un’altra pena per il fisico. Il suo primo pensiero, perché tante volte quando storie come questa vengono raccontate sui giornali c’è qualcuno che si fa avanti, va però agli altri: «I disabili non hanno spazio nella città di Grosseto poiché se hanno bisogno devono arrangiarsi nella prima struttura che trovano a disposizione, che sia vicino a casa come a chilometri di distanza; e lo stesso se hanno bisogno di qualcosa che non riescono a risolvere da sé. Questo mi sembra un segno di emarginazione per tutti coloro che potrebbero avere bisogno, anche perché ci sono persone che non sanno a chi rivolgersi. Su Grosseto ci sono diverse realtà presenti da tempo ma nessuno forse si è preso la briga di creare una struttura apposita o di lasciare spazi liberi, se così vogliamo dire, “di emergenza” in caso di situazioni come questa». E si congeda con l’invito «a dormirci sopra e riflettere un attimo proprio su un discorso generale del territorio, che pecca molto lato disabilità: che non intende includerla ma emarginarla».l


 

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