Il virus
Grosseto, sfregia la compagna con un morso: processato per lesioni permanenti
La donna lo aveva denunciato per numerosi episodi ma su uno aveva taciuto, raccontando di essere scivolata
GROSSETO. Le aggressioni, per motivi futili e con lo sfondo della gelosia, erano all’ordine del giorno. Ma il caso era venuto fuori solamente nel novembre scorso, dopo una giornata di raccolta delle olive: lei era andata per portargli il pranzo e per aiutarlo nel lavoro, lui l’aveva offesa pesantemente e quando lei si era allontanata dicendo che si sarebbe rivolta ai carabinieri lui l’aveva colpita al volto con uno schiaffo, facendole volare gli occhiali, e poi con un pugno alla schiena. Era dovuto intervenire uno dei lavoranti per farlo smettere. L’episodio più grave, tuttavia, nel marzo scorso: un morso al labbro, uno sfregio permanente per lei.
Pesante la pena per un uomo di 32 anni, di nazionalità straniera, processato all’udienza preliminare per maltrattamenti nei confronti della convivente, una grossetana di qualche anno più grande, abitante in un centro collinare della provincia: ha patteggiato tre anni, dieci mesi e venti giorni, con interdizione dai pubblici uffici per cinque anni e dagli uffici di tutela e curatela in perpetuo. Il reato più grave quello delle lesioni permanenti al viso, un reato che arriva fino a otto anni, la cui entità è stata ridotta per l’applicazione delle attenuanti generiche.
L’episodio risale ai primi del marzo scorso. Lui – che dal gennaio scorso aveva il divieto di avvicinamento alla donna, una misura poi diventata carcere perché il divieto era stato appunto violato – l’aveva incontrata vicino a un locale, l’aveva seguita fino all’auto contro la sua volontà e per impedirle di chiedere aiuto le aveva dato un morso alle labbra, minacciandola di morte: «Ti ammazzo se vai con un altro». La ferita al labbro inferiore era stata molto grave, aveva causato un’alterazione estetica. E se le lesioni erano state ritenute guaribili in quindici giorni, la deformazione e lo sfregio permanente avevano comportato la necessità di un intervento di chirurgia plastica.
Il fascicolo era stato comunque aperto nel novembre 2024, dopo l’episodio avvenuto durante la raccolta delle olive (sette i giorni di guarigione). A quel punto la donna si era decisa a raccontare quanto stava accadendo tra le mura di casa. A partire dal giugno 2023, quando lei era stata aggredita per motivi legati a un presunto errato lavaggio di una maglietta. Alla fine del 2023, mentre entrambi erano al lavoro, lui le aveva rotto una paletta su una coscia e poi l’aveva colpita con un pugno al volto (venti giorni di guarigione). Sempre alla fine dell’anno, in occasione di una lite per problemi di accensione del camino, lui era andato in escandescenze, l’aveva offesa e poi colpita con un pugno alla schiena (sei giorni). Ancora, strattoni e colpi al volto che avevano causato un trauma facciale. A febbraio del 2024 una discussione per motivi di gelosia: lui era finito in ospedale dopo una lite con connazionali in una discoteca e aveva accusato lei di averlo lasciato solo al pronto soccorso per andare con un altro uomo. Era partita una nuova aggressione, con un trauma cranico e contusioni (due giorni).
C’era stato anche un episodio che lei non aveva voluto denunciare, nel febbraio 2024. Lei aveva chiamato un’amica perché era stata picchiata da lui e voleva essere accompagnata in ospedale: l’amica aveva avvisato un carabiniere e l’aveva consigliata di sporgere denuncia. Ma lei non ne aveva intenzione. E così andò, perché raccontò ai sanitari di essere scivolata mentre scendeva le scale. Una versione dalla dinamica non compatibile con le ferite riportate, perché quell’occhio nero che la donna presentava non poteva essere riferibile a una caduta accidentale.
Chiare, secondo il giudice Giuseppe Coniglio, le responsabilità dell’uomo. Evidente, anche dalle foto inserite nel fascicolo, la differenza di corporatura, con l’uomo molto più robusto di lei. Confermate dagli amici e dai vicini le richieste di aiuto che più volte lei aveva lanciato per sfuggire alla furia dell’uomo. Documentate dalle foto conservate sul cellulare di lei anche le lesioni riportate a più riprese: le foto raccontano anche quegli episodi che lei non aveva denunciato. I colleghi di lavoro – anche quello dell’episodio nell’oliveto – hanno confermato, così come i vicini. Anche il marito separato dalla donna, che abita nelle vicinanze, ha spiegato di aver sentito continui litigi con offese arrivare da lì.
Provati i maltrattamenti con lesioni e provata anche la violazione del divieto di avvicinamento, anche questo accompagnato da lesioni. Non ci sono insomma elementi tali da comportare un proscioglimento e, anzi, dagli atti emerge la responsabilità del 32enne. Soltanto il buon comportamento tenuto nel corso del procedimento, una volta aggravata la misura cautelare, sintomo di comprensione e ravvedimento, ha indotto il giudice a concedere le attenuanti generiche all’uomo, assistito dall’avvocato Manuele Adami.
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