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La tragedia

Morto in ospedale a Grosseto, l’appello della compagna in lacrime: «Giustizia per il sorriso di Mor Awa»

di Matteo Scardigli
A sinistra Daddi e Diop in una foto tratta da un post social, a destra Diop (foto scelte e inviate da Clara Daddi)
A sinistra Daddi e Diop in una foto tratta da un post social, a destra Diop (foto scelte e inviate da Clara Daddi)

Per il decesso del 32enne al Misericordia ci sono 15 professionisti indagati

27 aprile 2024
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GROSSETO. «Giustizia per il sorriso di Mor Awa». Quella di giovedì 2 maggio è una data due volte simbolica per Clara Daddi, operatrice sociosanitaria oggi in lacrime: per una grottesca coincidenza è il suo compleanno e il giorno in cui è fissata la cerimonia funebre per il suo compagno. Per la cui morte sono indagate 15 persone.

Un passo indietro. Intorno alle 14,30 di giovedì 11 alcuni cittadini avevano chiamato aiuto perché in via Aurelia nord, nei pressi di un noto bar ristorante e di un autolavaggio, un uomo che camminava sul marciapiede in modo scomposto si “buttava” per strada, in mezzo alle auto. Sul posto erano intervenute delle pattuglie della polizia municipale e un’ambulanza della Misericordia; presente anche un medico. Mor Awa Diop, 32enne di origine senegalese, era stato portato in ospedale, dove la mattina seguente (venerdì 12) è stato certificato il suo decesso: arresto cardiaco.

La settimana seguente, la polizia di Stato aveva notificato a 14 tra infermieri, medici e operatori sociosanitari che erano indagati per “omicidio colposo per colpa sanitaria”. Nel frattempo, il sostituto procuratore Federico Falco aveva disposto l’autopsia, incaricando il professor Mario Gabbrielli, della medicina legale di Siena, e la dottoressa Maria Serena Verzuri, specialista della città del Palio in medicina interna e malattie dell’apparato cardiovascolare.

Pochi giorni fa gli indagati sono diventati 15. Gabbrielli e Verzuri hanno eseguito l’autopsia, e i loro accertamenti saranno seguiti da alcuni specialisti nominati dagli avvocati: i dottori Michele Casalis, Roberto Martini, Romano Santoro e Cristina Vuolo. Novanta giorni per dare risposte alle domande formulate da Falco, che si è riservato di nominare un tossicologo proprio in questi giorni.

Gli indagati hanno scelto di farsi assistere dagli avvocati Diego Innocenti, Riccardo Boccini, Romano Lombardi, Francesca Carnicelli, Stefano Colelli, Giacomo Santi Laurini, Silvia Falconi, Alessandro Risaliti, Carlo Valle, Sergio Frediani, Fabio Andreucci, Paolo Martellucci e Sara Montauti. Il fratello di Mor Awa, Baye Baba, invece, al legale Alessio Bianchini, e i genitori al collega Andrea Coscarelli.

La posizione di Daddi è complicata: «L’ho amato tantissimo e lo amo ancora», spiega, ma per la legge italiana – non essendo i due conviventi – lei non è considerata al pari di una moglie. «La mattina dopo ho parlato con il personale medico dell’ospedale e mi è stato raccontato del decorso di Mor Awa, ma non so nel dettaglio quali sono stati i trattamenti ai quali è stato sottoposto né perché», premette poi la donna, che quindi riassume: «Voglio credere che lui poteva essere salvato».

Infine l’aspetto che più la turba: «Quando sono riuscita ad andare all’obitorio ho scoperto che, prima di me, era passata un’altra donna. Mor Awa e lei, che abita in provincia, erano stati legati in Africa; ma lui stava con me, e non mi risulta che il loro vincolo abbia in Italia il valore di un matrimonio. Fatto sta – spiega – che ho saputo che le sono stati consegnati i telefoni di lui, in cui potrebbero esserci elementi in grado di ricostruire gli ultimi tempi della sua vita. A me, invece, ancora non è concesso di vederlo per dargli un bacio sulla fronte, né di riavere la fedina che portava con sé».

Daddi racconta di essere in contatto con la famiglia del compagno, in particolare con la figlia di lui in Africa: «Ci sentiamo, lei mi dice che le manca la voce del padre. Io le ho promesso che farò tutto il possibile per aiutarla e mantenerla. L’ultima volta che mi sono sentita con Mor Awa erano più o meno le 14 di quel giovedì: mi aveva detto che mi amerà per sempre».

Giovedì 2 maggio, dopo la cerimonia funebre, se la compagna riuscirà a ottenere tutte le carte necessarie tramite il consolato del Senegal a Livorno, la salma di Diop potrà tornare nel Paese di origine per il rito musulmano.

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