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L’allevatore non può più pagare il mutuo: «In ginocchio per i predatori. E il mio terreno va all’asta»

di Massimiliano Frascino
L’allevatore non può più pagare il mutuo: «In ginocchio per i predatori. E il mio terreno va all’asta»

L’azienda agricola del signor Franceschelli, 130 ettari tra quelli in proprietà e in affitto, si trova sul Monte Labro alle pendici dell’Amiata. Dopo aver rinunciato all’allevamento dei bovini, ha dovuto lasciare anche quello delle pecore da latte

23 marzo 2023
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GROSSETO. Prima lupi e ibridi lo hanno costretto a rinunciare all’allevamento di bovini e a ridurre all’osso il suo gregge. Poi l’Ismea – l’istituto dei servizi per il mercato agricolo alimentare – gli ha ripreso il terreno che aveva acquistato nel 2000 col Bando delle terre agricole, perché non è stato in grado di pagare il mutuo a seguito della crisi aziendale. Nel frattempo, era entrato in causa con Regione e Stato per l’insufficienza degli indennizzi delle predazioni, basandosi sul presupposto che non avevano fatto abbastanza per contrastare la proliferazione di lupi e ibridi.

Per tutti questi motivi Giacomo Franceschelli, agricoltore titolare dell’azienda agricola “Le Vene” di Arcidosso, dice di non capire «il motivo dei toni trionfalistici utilizzati da Coldiretti per annunciare l’uscita del 6° bando delle Terre agricole di Ismea, con cui saranno assegnati all’asta un migliaio di ettari di terreni. Va detto, infatti, che la gran parte di quelle terre sono state riprese ad agricoltori assegnatari con precedenti bandi, che come me si sono trovati in difficoltà pagando per colpe non loro. Senza che sul piano istituzionale si facesse qualcosa per sostenere chi ha avuto tanti problemi, a partire dagli aumenti incredibili dei costi energetici e delle materie prime, fino alle perdite di reddito causate dai predatori».

L’azienda agricola del signor Franceschelli, 130 ettari tra quelli in proprietà e in affitto, si trova sul Monte Labro alle pendici dell’Amiata. La storia che racconta è quella di un calvario protrattosi negli anni che lo ha portato a trovarsi in sofferenza con le banche, soprattutto a causa delle predazioni che ha dovuto subire ad opera dei lupi e degli ibridi. «Nel 2000 avevo acquistato dall’Ismea 40 ettari di terreni che si trovano al centro della mia azienda agricola, prendendo un finanziamento di 60mila euro. Ma anche per realizzare un capannone destinato alla mungitura, facendo mutui con Banca Mps Banca Intesa Sanpaolo. Poi le cose sono precipitate sia a causa dell’aumento dei costi, che, soprattutto, in conseguenza degli attacchi dei predatori alle mie pecore. Negli ultimi 10 anni ho perso circa 500 pecore, con danni per diverse decine di migliaia di euro, sia perché molti animali sono morti, sia perché impaurite dalle predazioni le pecore hanno smesso di produrre latte e di rimanere in cinta. Fino al 2019 avevo anche una quarantina di bovini da carne allevati allo stato brado, ma dopo che lupi e ibridi li hanno attaccati, aggredendo le mammelle delle vacche o facendone morire altre perché impaurite sono cadute nei fossi rompendosi le gambe, ho deciso di dismettere quella attività rinunciando anche agli introiti conseguenti». Ma la via crucis di Franceschelli non si è interrotta.

Dopo aver rinunciato all’allevamento dei bovini, ha dovuto lasciare anche quello delle pecore da latte. «Io ho sempre avuto molti cani da guardiania – spiega ancora – fino a 15 animali per il mantenimento dei quali spendevo 10-11.000 euro all’anno. Ma non hanno potuto fare niente contro branchi di 5, 6, 7 lupi e ibridi che quando attaccano le greggi fanno strage. Oltretutto favoriti da terreni a pascolo cespugliato, sui quali riescono a muoversi a proprio agio mimetizzandosi. La mia azienda, inoltre, è adiacente al Parco faunistico del Monte Labro, dove ci sono molti esemplari di questi predatori. Complessivamente in una trentina d’anni ho perso più di 700 pecore, fino a 5-6 bovini e un cane o due all’anno. È chiaro che così fare impresa diventa impossibile. Alla fine, mi sono rimaste solo 150 pecore da carne di razza amiatina e i debiti con le banche».

Quest’anno, poi, è arrivata la mazzata finale da parte dell’Ismea che si è riappropriata dei 40 ettari che l’imprenditore agricolo aveva acquistato a suo tempo. Che fanno parte del contingente di 1.000 ettari per assegnare i quali le aste telematiche si concluderanno il prossimo 5 giugno. Nel frattempo, Franceschelli ha promosso una causa per risarcimento danni nei confronti della Regione Toscana e del Ministero per le politiche agricole e forestali. Assistito dall’avvocata Elena Pellegrini, che ha messo insieme documentazione fotografica, perizie, documentazione contabile e testimonianze, spera così di ottenere un indennizzo di 500mila. «Praticamente – conclude il pastore di terza generazione – ho dovuto più che dimezzare la mia attività imprenditoriale per problemi che non sono riconducibili a me. In questi anni ho trovato sostegno prevalentemente dal Comitato pastori d’Italia, mentre gran parte delle istituzioni hanno ignorato i problemi degli agricoltori». La seconda udienza del processo è stata fissata per il prossimo ottobre, sempre che l’azienda agricola “Le Vene” sia in piedi. 
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