sanità e giustizia

Malata di epatite C ottiene diritto all’indennizzo

Pierluigi Sposato
Il Tar della Toscana
Il Tar della Toscana

Il Tar di Firenze ha ordinato al ministero della Salute di eseguire la sentenza del giudice del lavoro

04 luglio 2016
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GROSSETO. Il Tar di Firenze ha ordinato al ministero della Salute di eseguire la sentenza del giudice del lavoro Antonella Casoli risalente al 17 marzo 2015 con la quale veniva riconosciuto a una donna di 76 anni abitante a Monte Argentario il diritto a ricevere l'indennizzo aggiuntivo previsto dalla legge in caso di contagio da Hcv (epatite C) derivante da un’emotrasfusione.

Non solo: i giudici del collegio presieduto da Saverio Romano hanno disposto che, in caso di inadempienza entro 30 giorni, il prefetto debba nominare un commissario ad acta che provveda a far rispettare entro due mesi il provvedimento. Il ministero dovrà pagare dieci euro per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del giudicato a decorrere dalla notifica della sentenza.

La storia è questa. Il ministero era già stato condannato al riconoscimento dell'indennizzo previsto dalla legge 210 del 1992; la donna, assistita dagli avvocati Pasquale Petrilli e Samuele Scalise, aveva portato di nuovo in giudizio il ministero per il riconoscimento dell’indennizzo aggiuntivo, previsto all’articolo 2 comma 7 «per aver contratto, in conseguenza della patologia epatica, anche una sindrome ansioso depressiva e delle gambe senza riposo». Il giudice del lavoro aveva accolto in parte il ricorso, anche se il ministero si era opposto per quanto riguarda ciò che era emerso dal procedimento amministrativo. Nessun indennizzo aggiuntivo, aveva sostenuto il ministero rappresentato dall’Avvocatura, è dovuto, visto che la disposizione richiamata interessa solo le malattie insorte quale conseguenza immediata e diretta della trasfusione e non per le patologie insorte per effetto della prima infezione contratta in conseguenza della trasfusione.

Il giudice del lavoro aveva notato che il consulente tecnico unificato Cristina Vuolo aveva collegato la depressione alla terapia con interferone e che assumere farmaci depressivi aveva potuto determinare l’insorgenza della sindrome delle «gambe senza riposo». Anche se lo stesso ctu aveva indicato un parere del ministero della Sanità contrario alla riconoscibilità dell'indennizzo aggiuntivo Insomma, secondo il giudice la causalità era ben dimostrata e nessuna deroga era possibile anteporre.

La causa era finita al Tar perché il ministero non aveva dato seguito alla sentenza passata in giudicato nel novembre 2015 e la donna aveva presentato ricorso nei primi giorni del 2016. Il Tar ha riconosciuto la propria competenza (che invece il ministero aveva messo in dubbio) e ha condannato il ministero a rispettare gli obblighi entro il termine di un mese.

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