Il Tirreno

Grosseto

Turbativa d’asta per il locale Assolto Antonio Degortes

di Francesca Gori
Turbativa d’asta per il locale Assolto Antonio Degortes

L’imprenditore era stato citato a giudizio per l’Enoteca Millevini di Siena «Ora prendo la residenza all’estero, non voglio pagare le tasse in questo Paese»

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GROSSETO. L’inchiesta che aveva coinvolto Antonio Degortes, patron della Capannina di Castiglione della Pescaia e dell’outlet che si trova nel corso del borgo era arrivata fino in Maremma. La guardia di finanza aveva perquisito l’abitazione dell’imprenditore e l’ufficio del suo commercialista sequestrando pc, documenti e telefoni cellulari. Ieri, al processo che si è celebrato al tribunale di Siena, dove Degortes era difeso dagli avvocati Roberto Martini e Roberto Baccheschi, il giudiceGianluca Massaro ha assolto tutti «perché il fatto non sussiste» al Processo Millevini. Per Degortes, il sostituto procuratore Antonino Nastasi aveva chiesto la condanna a un anno.

Dopo tre anni dal blitz della Guardia di finanza all’Enoteca italiana di Siena e nelle abitazioni degli indagati, gli imprenditori Antonio e Alberto Degortes, Giada Miniscalco, l’ex presidente dell’Enoteca Claudio Galletti e l’ex direttore Fabio Carlesi sono stati scagionati da tutte le accuse. Il pm aveva chiesto il proscioglimento di Alberto Degortes, fratello di Antonio e di Giada Miniscalco, accusati di turbativa d’asta insieme all’imprenditore, mentre aveva chiesto la condanna per Antonio Degortes, appunto, degli stessi Galletti e Carlesi (per falso ideologico e turbativa d’asta).

«Finalmente abbiamo avuto giustizia. Ne ero certo, ma adesso da assolto andrò a prendere la residenza all’estero - ha detto Antonio Degortes alla fine dell’udienza - perché non voglio più pagare le tasse in questo Paese dove si buttano via i soldi pubblici per processi come questo». Tutto è cominciato quando l’imprenditore, attraverso la sua società, la Montenegro srl, aveva ottenuto la gestione del ristorante che si trova dentro l’Enoteca italiana nella fortezza medicea di Siena. L’Enoteca italiana è una società partecipata e secondo la guardia di finanza avrebbe dovuto procedere all’assegnazione della gestione attraverso un bando pubblico, anziché scegliendo direttamente una società. «Ma quando abbiamo guardato tutte le carte - dice il difensore di Antonio Degortes, Roberto Baccheschi - ci siamo accorti che le cose non stavano così. Ma soprattutto era proprio l’accusa che non stava in piedi: Degortes era indagato per il reato di turbativa d’asta sebbene un’asta non sia mai stata bandita».

Insieme a Roberto Baccheschi, a difendere Antonio e Alberto Degortes e Giada Miniscalco c’era l’avvocato Roberto Martini del Foro di Siena.

Il piano industriale presentate dall’imprenditore era stato ritenuto il migliore e il ristorante dove lo chef era proprio Alberto Degortes, aveva aperto i battenti. Una fonte confidenziale però aveva spifferato alla Procura che quel locale era stato affidato senza gara, necessaria per un ente pubblico. «Ci siamo fatti fare un parere anche dal professor Duccio Traina - aggiunge Baccheschi - e alla fine la sentenza ci ha dato ragione. Sono stati tutti assolti, segno che quelle accuse non stavano davvero in piedi». Le perquisizioni, oltre che nell’abitazione di Degortes a Siena, erano arrivate fino in Maremma.

«Dopo 3 anni di gogna mediatica finiscono (per ora) le mie vicende giudiziarie - ha scritto Degortes sul suo profilo Facebook - tre distinte azioni penali, la prima processo annullato, la seconda procedimento archiviato e stasera (Processo Millevini) assolto perché il fatto non sussiste. Centinaia di migliaia di euro pagati dai contribuenti per una evidente caccia alle streghe. Posso, ora, lecitamente cambiare residenza e pagare le tasse all’estero senza essere accusato di fuga?».

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