Una Dop per tutelare il tortello maremmano
Porta il nome della sua terra ma chiunque lo può produrre dove vuole. Il pastaio Delli lancia la sfida: «Riprendiamoci questa ricchezza»
GROSSETO. È il piatto-traino nelle sagre e nei ristoranti. Forse il più amato dai buongustai che approcciano la Maremma. Si parla del tortello maremmano, quello col marciapiede (il contorno a zig-zag) e il ripieno di ricotta e spinaci. Intorno al quale si sta aprendo un fronte di guerra. A disseppellire l’ascia _ con tante importanti motivazioni in tasca _ è Roberto Delli, pastaio di Maremma, uno che di tortelli ne ha realizzati decine di migliaia, azienda con quattro dipendenti in via Topazio, a Grosseto.
Il tortello maremmano con ricotta e spinaci rappresenta la tradizione della cucina contadina locale, un primo piatto tipico, diffuso in tutta la provincia di Grosseto e conosciuto in Italia e all’estero. «Purtroppo _ attacca Delli – è anche il più copiato, sfruttando esattamente la denominazione Tortello Maremmano o Tortello alla Maremmana. Peccato che venga prodotto in territori lontani dalla Maremma». E questo è il nodo del problema. Con le solite, risapute, responsabilità dell’Ue.
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Delli lancia la controffensiva con convinzione, sventolando tra le mani le carte che attestano le ragioni del suo disappunto. «Il tortello maremmano è un prodotto agroalimentare tradizionale italiano, un cosiddetto Pat. È un prodotto incluso in un apposito elenco, predisposto dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, con la collaborazione delle Regioni. Tra tutte le regioni quella che detiene il maggior numero di prodotti agroalimentari è proprio la Toscana. L’Italia, fin dall’ingresso nell’Ue, ha deciso di puntare nettamente su settori di nicchia, valorizzando i prodotti tradizionali, magari lavorati secondo antiche ricette, con metodi di conservazione e stagionatura consolidati nel tempo, omogenei per tutto il territorio interessato, secondo regole codificate e su un arco temporale non inferiore ai venticinque anni. Purtroppo lo stesso Ministero ammette oggi che tali prodotti di nicchia, di produzioni limitate in termini quantitativi e relativi ad aree territoriali molto ristrette, non giustificano una Dop o una Igp e incontrano molte riserve in sede di Unione Europea».
In pratica l’Ue è contraria a queste produzioni e vieta la registrazione di marchi collettivi che contengano un nome geografico. Il timore è infatti che si confondano con i prodotti Dop e Igp. Il ministero ha pertanto rinunciato a un ruolo attivo, delegando alcuni compiti alle Regioni e conservando a sé solo un ruolo di controllo oltre alla tenuta ufficiale di un elenco per categorie.
L’elenco è una sorta di limbo, dove non rientrano i prodotti insigniti del marchio Dop o Igp. Con quali conseguenze è presto detto. Delli è chiarissimo: «Il tortello con la denominazione Tortello Maremmano o Tortello alla Maremmana lo troviamo presente nella grande distribuzione organizzata del nostro territorio e sul territorio nazionale sia a marchio del produttore che come private label. La produzione è fatta tutta fuori dal territorio maremmano (Firenze, Arezzo, Pistoia, Pisa, Siena, Bologna etc). Nel frattempo la Regione in primis, ma anche la nostra Camera di Commercio e la Provincia di Grosseto stanno a guardare, dimostrando che l’etichetta Pat non serve a nulla».
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Roberto Delli si fa delle domande, legittime: «Quanta ricchezza si perde nel nostro territorio? Quanti posti di lavoro in più potremmo avere ottenendo una certificazione diversa? Non ho dati certi ma credo che il solo fatturato della Private Label, Coop, Conad, eccetera superi ampiamente il fatturato di tutte le aziende locali produttrici del tortello maremmano. Così si squalifica anche la stessa grande distribuzione che presenta sul mercato, con forti investimenti, prodotti di un territorio che in realtà nascono altrove e hanno sapori e metodi di lavorazione diversi. La stessa ristorazione, cioè il miglior veicolo per arrivare direttamente al consumatore, quanto potrebbe fare di più se il tortello maremmano avesse un suo riconoscimento?».
Delli chiede che di questa battaglia, da lui avviata, si parli nei dibattiti, negli eventi culturali, perché di cultura si tratta e i versi di Morbello Vergari ne sono testimoni. «Sarebbe bello metterci tutti intorno a un tavolo: produttori, distributori, ristorazione, sagre a tema, associazioni culturali, singoli gourmand e stampa, per iniziare un percorso di valorizzazione efficace dei prodotti, con l’obiettivo finale di aprire a nuove opportunità di lavoro».
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