Amrabat: «Ho colto l’attimo e Italiano è stata la chiave»
Il marocchino non si nasconde: «L’Europa regala emozioni vere». «Le pressioni non mi schiacciano Diventano semmai uno stimolo»
MOENA. In pochi mesi ha rovesciato mondo (il suo) e prospettiva (degli altri), rimettendo se stesso al centro di tutto, anche della Fiorentina. Sofyan Amrabat sorride e mette in un angolo pure la timidezza. Per la prima volta decide di parlare in italiano: si scusa subito per la mancata perfezione, mette le mani avanti dicendo di ricorrere all’inglese in caso di necessità, ma poi no. Come gli chiede Italiano, un tocco e via, con semplicità, parla ininterrottamente per diversi minuti. È rigenerato, lo sa benissimo anche lui. Merito del lavoro fatto, spiega, «delle gare giocate con la Nazionale del Marocco in Coppa d’Africa» e, soprattutto, della fiducia dell’allenatore, tecnico in questo caso di tattica e mente. «Dallo scorso gennaio ho cominciato a giocare di più: Italiano, poi, è stata una figura molto importante, mi parlava spesso, è stato decisivo. È arrivato il mio momento e io l’ho preso con due mani»
. E ora, questo momento, non intende certo farselo scappare. «Sono pronto e carico, spero di fare una grande stagione, io e con me il resto della squadra: per me la continuità è tutto. Preferisco giocare tutte le settimane, anche ogni tre giorni: il ritmo partita è fondamentale». Toccherà a lui, almeno all’inizio, raccogliere l’eredità lasciata da Torreira: la società non ha avuto dubbi nel puntare sulle sue qualità, per quanto tecnicamente differenti da quelle dell’uruguaiano. «Lucas è un grandissimo giocatore - ha continuato -. Ha fatto una stagione al top e gli auguro il meglio per la carriera. Il fatto che la Fiorentina abbia scelto di puntare su di me è stato gratificante». Lo dice senza spocchia, quasi a bassa voce: sa bene di dover dimostrare ancora tanto, ma le sue consapevolezze oggi sono diverse rispetto ad un anno fa. «Non ho mai avvertito la pressione di essere stato il giocatore fortemente voluto dal presidente: intanto perché queste sensazioni mi piacciono e poi perché semmai è uno stimolo. È un onore che il patron mi abbia voluto nella sua squadra, è molto importante per tutti noi. E poi anche i direttori Barone e Pradè mi aiutano, di questo sono felice. Sì, sono davvero felice». Lo dice due volte, quasi a voler rafforzare il concetto.
L’attenzione si sposta poi sugli obiettivi, ma Amrabat non si lascia ipnotizzare dalle facili promesse estive. «Deve sempre essere il campo a parlare. Io penso solo a migliorare con il lavoro. Quando mi sono trasferito alla Fiorentina, nella mia prima conferenza stampa da giocatore viola, dissi che volevo il massimo per questa società. La scorsa stagione siamo riusciti a qualificarci in Conference League, quest’anno vedremo dove potremo arrivare strada facendo. L’importante sarà far parlare il campo, perché conta solo quello». Si sofferma poi su Rolando Mandragora, il nuovo volto del centrocampo viola e pure il compagno con cui, inevitabilmente scatterà il dualismo per una maglia dall’inizio: «È un giocatore forte e intelligente, un ragazzo serio, gentile. L’aiuto sarà reciproco».
Il passo in avanti da fare a tutti i costi sarà quello sul fronte di gol. «La passata stagione il momento della svolta è stato nella gara contro lo Spezia. Prima di segnare, feci un errore (pagato a prezzo carissimo, con un gol al passivo, ndr) poi però rimisi tutto a posto, all’ultimo minuto. Fu davvero un momento importante. Adesso, devo riuscire a realizzarne di più, per questo ci sto lavorando. È quello che ci chiede l’allenatore, un contributo offensivo da parte di tutti, e ce la sto mettendo tutta». Sorride Amrabat e prova a portare avanti la lancetta del tempo, dritto in Conference League: «Ho giocato diverse volte in Europa, col Feyenoord e anche col Club Bruges. Si respirano emozioni molto forti e non velo l’ora di viverle con il nostro pubblico. Ho pagato molto anche gli stadi vuoti: sono stati quelli i mesi per me peggiori. Il momento in viola più bello fin qui? La vittoria sulla Juventus». Amrabat è pronto a prendersi tutto, presente e futuro.