Sciopero per Gaza, bloccato il casello della A1 a Calenzano e sassi contro Leonardo: migliaia di manifestanti chiudono l’uscita – Video
Quasi in tilt anche l’Autosole per lo sciopero indetto dai sindacati di base contro in solidarietà con la Palestina. Disagi al traffico, con automobilisti a uscire a Prato est. Oggi corteo in città.
CALENZANO. Il cartello “Uscita chiusa per manifestazione” lampeggia sui pannelli a messaggio variabile di Autostrade. Da entrambe le direzioni, chi arriva a Calenzano trova i caselli sbarrati e un serpentone di auto costrette a deviare verso Prato Est. È il segnale tangibile di una protesta che, stamattina, ha trasformato uno snodo cruciale della viabilità toscana in un palcoscenico politico. Scene di tensione si ripetono poco più tardi a Campi Bisenzio, davanti allo stabilimento della Leonardo: un assedio durato un’ora, con un tratto di recinzione divelto e il lancio di sassi e bottiglie contro le forze dell’ordine.
Il presidio comincia presto, con i pullman scaricati alla rotonda che immette all’autostrada del Sole. Migliaia di persone - i sindacati gridano «Siamo 10mila» -, giovani palestinesi in testa, hanno invaso l’asfalto, occupato le carreggiate, issato una bandiera palestinese sulla monumentale “Ruota del tempo” di Dani Karavan, scultura dell’artista israeliano che da vent’anni veglia sul traffico dell’A1. Un gesto che suona come un cortocircuito simbolico: il drappo della Palestina issato sull’opera di un israeliano.
“Blocchiamo tutto, Palestina libera”, urlano i megafoni. Usb e Cobas, i sindacati di base, hanno proclamato lo sciopero generale: nel mirino non solo «lo stato genocida di Israele» ma anche «l’economia di guerra» che sottrae risorse a welfare, scuola, sanità. «Il governo Meloni è complice del massacro e dei tagli sociali», accusano. Dal camioncino degli organizzatori, Dario Furnari lancia strali contro la Cgil: «Quello del 19 è stato uno sciopero di merda, oggi mostriamo che il conflitto può bloccare davvero merci e strade».
Il corteo prende forma, si muove lento tra i capannoni e i piazzali industriali. Fumogeni, cori in italiano e in arabo, un deltaplano che plana sopra le teste dei manifestanti poco dopo le dieci. C’è chi batte tamburi, chi intona canti, chi regge cartelli che parlano di genocidio e resistenza. La colonna si allunga verso Campi Bisenzio, direzione Leonardo, gigante dell’industria bellica di Stato accusato di rifornire Tel Aviv.
È qui che la protesta si fa più aspra. Alcune centinaia di manifestanti si avvicinano alle recinzioni, divelgono un tratto di rete, ma una seconda barriera elettrificata sbarra l’ingresso. Partono petardi, bottiglie vuote, pietre lanciate contro la polizia in tenuta antisommossa. Dall’altra parte, gli agenti restano schierati, l’aria è tesa, i cori si fanno più rabbiosi: “Fuori Leonardo dalla guerra”. L’assedio dura un’ora, poi il corteo riparte verso Capalle, lambisce l’ex Gkn e i Gigli, prima di concludersi a Calenzano, nel parcheggio della piscina comunale.
Il traffico, intanto, resta in tilt. Autostrade annuncia la riapertura del casello di Calenzano, ma le ripercussioni si sentono a cascata su tutta la Piana. Nella Piana c’è un’eccezione perfino nelle aree di servizio. Quelle di Beyfin restano chiuse fino alle 19, in segno di solidarietà con le vittime nella Striscia. Una decisione presa dai vertici aziendali «per testimoniare vicinanza nei confronti del Popolo palestinese e mobilitarsi contro l’escalation di violenza dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza. L’azienda si scusa con i clienti che si rivolgono quotidianamente alle stazioni di servizio ma “fare comunità” non ha confini geografici. Non da ora la situazione della popolazione palestinese è intollerabile. Beyfin non ha mai preso una decisione di questo genere nella sua storia, ma di fronte alle aberrazioni della guerra in Medio Oriente, sente forte la responsabilità di testimoniare il dissenso con un’azione visibile», scrive l’azienda.
Dentro la marcia, invece, il messaggio è chiaro: “Non finisce qui”, promettono gli organizzatori. Nel pomeriggio nuova tappa all’università di Firenze, il 24 settembre al porto di Livorno, dove si annuncia il blocco di una nave statunitense carica di armi. Così, in una mattina di fine settembre, il massacro a Gaza si materializza tra le corsie d’asfalto dell’A1, le mura di uno stabilimento di Stato, le piazze industriali della Piana fiorentina. Un conflitto lontano che buca la quotidianità, trasforma la routine del traffico in romanzo civile, e costringe a guardare da vicino i nervi scoperti di un Paese che si sta ribellando in nome di un senso di umanità che sembra perduto.