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Firenze, la beffa delle terre Tav: dovevano servire al risanamento di un “borgo fantasma” ma andranno in discarica

di Mario Neri

	 A sx una delle frese per lo scavo del tunnel Tav a Firenze, a dx Castelnuovo di Avane o Castelnuovo dei Sabbioni e sullo sfondo le ciminiere della centrale che avrebbero dovuto essere "coperte" dalla collina verde
 A sx una delle frese per lo scavo del tunnel Tav a Firenze, a dx Castelnuovo di Avane o Castelnuovo dei Sabbioni e sullo sfondo le ciminiere della centrale che avrebbero dovuto essere "coperte" dalla collina verde

Con le terre di scavo doveva nascere una collina artificiale a Castelnuovo dei Sabbioni in grado di coprire le ciminiere della centrale

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FIRENZE. Doveva essere la collina verde. Un’opera simbolo, di riscatto ambientale. Un paesaggio ripensato sulle ferite profonde dell’ex miniera di lignite di Santa Barbara, nel comune di Cavriglia. Una montagna artificiale fatta con le terre di scavo del tunnel Tav sotto Firenze: 2 milioni di metri cubi di smarino, da trasformare in parco, barriera visiva, promessa di riqualificazione. Invece, oggi, 105.000 tonnellate di quelle terre sono finite in discarica.

La scoperta di Idra

Nessun comunicato, nessuna conferenza stampa. Solo un dato infilato nei verbali dell’Osservatorio ambientale del Ministero. A scoprirlo è stata l’associazione Idra, voce scomoda e puntuale della cittadinanza attiva fiorentina, che da mesi chiede conto del destino dello smarino. La risposta è arrivata in silenzio, via Pec: «Tempi di asciugatura troppo lunghi», «piazzole di deposito sature». Tradotto: non sappiamo dove metterle, quindi le portiamo via. In discarica. Le due talpe, Iris e Marika, continuano a masticare terra sotto il ventre della città. Il tunnel procede lentamente verso la nuova stazione Foster, le due frese scavano in direzioni speculari, il sottoattraversamento fra Castello e Campo di Marte entro il 2028 sarà realtà, ma la parte che doveva servire a ricucire il paesaggio martoriato del Valdarno non serve più. Si è scoperto che anche lo smarino generato dalle due super talpe va trattato come rifiuto. E smaltito come tale. Non è solo una questione di logistica. È una questione di senso. Idra ha scritto a Rfi, al Ministero, alla Regione. Ha chiesto: quanto costa in più il conferimento in discarica? Quanto farà lievitare i costi di un’opera che ha già raggiunto i 2,7 miliardi? Quali percorsi fanno i camion (o i treni)? Che impatto hanno? Risposte? Alcune. Non tutte esaustive, dice Idra.

Il paradosso giudiziario

Il paradosso è che questa deriva di senso ambientale e progettuale arriva nel momento in cui si chiude, in tribunale, il più lungo processo legato alla Tav fiorentina. Dodici anni di indagini, perizie, slittamenti. Dodici anni per arrivare a una sola condanna: Oliviero Bencini, ex responsabile della Ecogest Spa, è stato riconosciuto colpevole di aver smaltito – tra il 2009 e il 2010 – 66.000 tonnellate di fanghi di scavo in un campo agricolo del Mugello, presentandoli come terriccio. Un anno e dieci mesi di condanna, interdizione e obbligo di bonifica. Poi 100mila euro di multa a Nodavia, la società oggi sostituita da Rfi e nel frattempo fallita. Tutti gli altri: assolti o prescritti. Anche le altre società. Anche i tecnici. Anche gli ingegneri. Fine. Come dire: il tunnel scava più veloce della giustizia. Le nuove talpe corrono (ci sono i controlli, le garanzie), le responsabilità si fermano. Ma lo scenario si ripete, con altre terre, altre domande. Ma stavolta senza nemmeno l’illusione di un progetto di rinascita paesaggistica.

Il borgo fantasma

Resta una chimera il risanamento ambientale a Cavriglia, la collina che doveva fare da schermo allo skyline di Castelnuovo dei Sabbioni, il borgo fantasma che proprio la Regione ha premiato con un bando da 20 milioni di euro immaginandone la rinascita. Fondi Pnrr come cenere per una fenice, che però se vedrà la luce avrà ancora davanti le ciminiere della vecchia centrale. «Non ci sarà alcun aumento dei costi», scrive Fabrizio Rocca, il responsabile della struttura organizzativa dei progetti Rfi, a Idra. Portare in discarica le terre non fa lievitare i prezzi, non verranno spesi più soldi pubblici di quelli previsti per attivare le procedure per realizzare una collina. «Nessun impatto ambientale aggiuntivo», si legge nei documenti ufficiali: il materiale viaggia in treno, non su gomma. Ma allora perché erano state progettate le piazzole, le colline, le mitigazioni? Perché i soldi pubblici sono stati spesi per una cosa, e ora si fa l’opposto? Idra ha chiesto un confronto pubblico. Ha sollevato il caso anche con il presidente della Regione, Eugenio Giani, chiedendogli di farsi sentire con Rfi e Ferrovie, lui che può. Si sa solo che, oggi, quelle terre stanno viaggiando verso impianti di smaltimento. Il cantiere Tav continua. Il cronoprogramma ufficiale resta invariato. Sul sito si leggono parole rassicuranti. Ma nel frattempo la collina-parco, la montagna simbolo, resta una cicatrice vuota

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