Il Tirreno

Firenze

L’evento

Cccp a Firenze, tutto esaurito per un live atteso 30 anni. E c’è un’altra data in Toscana

di Dario Serpan

	Cccp a Firenze (foto Furio Pozzi)
Cccp a Firenze (foto Furio Pozzi)

Il racconto delle due ore di musica della band capitanata da Lindo Ferretti visto dal backstage

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FIRENZE. Tutti esauriti. Tutto esaurito. L’uno o l’altro. Entrambi. Il messaggio lo espone in un cartello Annarella Giudici, la “benemerita soubrette”, in apertura del concerto, per giocare su un’ambivalenza. Siamo tutti esauriti in questa terra “sazia e disperata”, “con o senza tv”, in questa società moderna e consumata, facciamo fatica a stare a galla. Eppure ci siamo, e la platea del Parco Mediceo di Pratolino, nell’ambito del Musart Festival Firenze 2024, è tutta esaurita. Un altro sold out per i CCCP – Fedeli alla linea, dopo quelli già registrati nelle precedenti date di “In Fedeltà la Linea c’è”, il tour che sta riportando sui palchi il gruppo punk filosovietico nato nel 1982 e scioltosi nel 1990. Dopo 40 anni la «cellula dormiente si è risvegliata», come dicono loro, e noi l’abbiamo guardata dal backstage. Dalla sua prospettiva verso il pubblico, che va dai ventenni ai sessantenni. Cantano insieme, si alzano e ballano quando non resistono più a guardare un concerto punk da seduti.

Le mani al cielo, la testa chissà dove, il tempo che cos’è? «Prima era troppo presto, ora sembra tardi, ma questo è il nostro tempo»: la poesia ce la mette sempre Annarella, e risponde contro il mantra dell’evergreen, o la valutazione scontata di un’operazione nostalgia, pure commerciale. La consapevolezza fa più male anche della rabbia, ma è quella che ci aiuta a fare pace con l’identità. Anche con le contraddizioni, come quelle che Giovanni Lindo Ferretti, Massimo Zamboni, Annarella Giudici e Danilo Fatur portano sul palco. Relitti del Novecento tornano in auge per una sera e si agitano, si sventolano, come una bandiera del Pci, lo stemma dell’Urss e tutti gli attrezzi che l’artista del popolo Fatur esibisce mentre gravita intorno all’austerità della voce di Ferretti. Fermo, con le mani in tasca, non fa un passo e non favella, eppur si muove come una teoria del mondo alla rovescia, rivoluzionaria. “All’erta sto, inchiodato al presente. Come un russo nel Donbass, come un armeno del Nagorno-Karabak”, canta Giovanni Lindo davanti ai 5mila di Pratolino. Due ore di concerto per una scaletta che pesca dai quattro dischi pubblicati dalla band. È la prima tappa in Toscana, ce ne sarà un’altra a Prato il 27 agosto.

 Il tour è ideato e prodotto dal livornese Luca Zannotti con la sua Musiche Metropolitane: «Sono profondamente ancorato alla categoria della gratitudine – dice - per aver avuto l’opportunità di tenere le fila di un progetto così significativo per una pluralità di persone. Con la loro musica, i CCCP sono riusciti a cambiarmi la vita quando ero ragazzo. E oggi, più che un manager mi sento un facilitatore tecnico. Certi versi profetici dei CCCP hanno detto già tutto, e quel che doveva accadere è accaduto». “La cultura è ciò che resta nella memoria quando si è dimenticato tutto”, diceva lo psicologo americano Burrhus Skinner. E che cosa resterà di questo tour estivo, di questo moto nato per celebrare l’uscita del primo Ep nel 1984, come l’anno del romanzo distopico di George Orwell? Se il Grande Fratello ci guarda, non è detto che tutto debba risolversi sempre nella dittatura del consumismo: “produci, consuma, crepa” è la sintesi dei CCCP. Ma c’è chi giura, tra il pubblico, che a vedere la band emiliana ci vada più gente oggi che negli anni ’80.

«Il pubblico ha aspettato più di 30 anni per riascoltare dal vivo queste canzoni così iconiche – afferma Zannotti -. Sembrava impossibile, ma è successo. È un rito collettivo che abbraccia più generazioni intorno a un progetto culturale fatto di poesia, musica di qualità, performance e costume. Se è capace oggi di suscitare interesse, anche nelle nuove generazioni, è un segnale di speranza, in un’Italia solcata da profonde contraddizioni, da lati oscuri che emergono e governano la politica internazionale». Finito il concerto, raggiungiamo la band nei camerini, e fioccano i commenti su come è andata, su quello che c’è da aggiustare in vista del prossimo concerto, oppure i racconti di vecchie esperienze in giro per l’Italia o all’estero. Qualche foto e qualche firma si concedono, il momento è conviviale e la tensione si allenta. L’impressione è quella di una band che, per quanto granitica in alcuni suoi principi, si sente a suo agio in quello che sta facendo. Chissà se avrà un seguito dopo l’estate, le proposte di certo non mancheranno. Siamo in balia delle onde, tra passato e futuro, ma il presente conta e per loro “in fedeltà la linea c’è”. Sembra che convenga. Dario Serpan

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