Il Tirreno

Firenze

Commercio

Firenze, dove le botteghe non esistono più: ecco la strategia per far rinascere gli artigiani

di Alessandro Pattume
Firenze, dove le botteghe non esistono più: ecco la strategia per far rinascere gli artigiani

Perdita pari all’11% delle imprese nella Città metropolitana. Il presidente di Cna: «Con la sindaca pensiamo di delimitare spazi ad hoc»

27 giugno 2024
4 MINUTI DI LETTURA





FIRENZE. Se c’è una cosa che piace a Giacomo Cioni quando, in qualità di presidente di Cna Firenze Metropolitana, parla del futuro di artigiani e piccole imprese è non lasciare nulla a caso, cioè «Adottare quanto più possibile - dice lui - un metodo scientifico». Anche perché la situazione fiorentina è così complicata che merita un’analisi approfondita e l’elaborazione di strategie che anche la neo sindaca Sara Funaro si è detta disposta a discutere.

Numeri e conseguenze

Tra il 2013 e il 2023, la città metropolitana di Firenze ha perso infatti l’11% delle imprese artigiane, un dato di poco superiore alla media toscana e italiana (-10%). Tra le imprese iscritte all’albo artigianato hanno subito la contrazione maggiore quelle del comparto produzione e delle costruzioni (- 15% entrambe), mentre quelle legate ai servizi sono cresciute di quasi un punto percentuale (+0,7%). Anche il primo trimestre del 2024 dipinge un quadro fosco: per 632 nuove imprese iscritte all’albo, 821 si sono cancellate.

Botteghe sparite

«Le imprese artigiane subiscono come altri le conseguenze di dinamiche nazionali – comincia Giacomo Cioni – il calo demografico che nell’area metropolitana è sotto la media italiana, un’economia le cui performance non sono più quelle di una volta, il grande numero di giovani che vanno all’estero e la difficoltà nel reperire forza lavoro hanno reso sempre meno roseo l’orizzonte chi fa o vuole fare l’imprenditore». E poi c’è la città di Firenze, il museo a cielo aperto, la città invasa dai turisti, il “mangificio”, come viene descritta dai detrattori. «A Firenze sono quasi sparite tutte le botteghe artigiane perché negli anni Novanta l’amministrazione invitò gli artigiani a spostarsi dal centro storico –  dice Giacomo Cioni – oggi rimangono quelli legati al fondo di proprietà e pochi altri, ma alla fine è sempre più conveniente affittare il fondo che lavorare per dodici ore. Il sistema degli artigiani nel centro città è stato snaturato e adesso ci sta tornando indietro come un boomerang perché il turismo – aggiunge  – guarda sempre di più alla natura esperenziale della visita, oltre che a quella museale. È un controsenso: i turisti darebbero di tutto per vedere all’opera orafi, artigiani del legno o della pelle». Allora, anche se «tornare indietro è difficilissimo», spiega Cioni, qualcosa si può sempre fare.

La soluzione

«Stiamo pensando, e la sindaca Funaro si è detta disposta a discuterne, alla delimitazione di spazi votati al mondo dell’artigianato e a un certo tipo di commercio - spiega - ma non posso andare oltre se non dicendo che dovremmo tutelare, come fanno in certi paesi europei, tutte le attività che hanno meno di tre punti vendita». In realtà va anche oltre, perché se si vuol legare l’artigianato al turismo, sembra impossibile non ragionare di chi arriva in visita a Firenze e di tutto quello che gli ruota intorno. «Di fronte a situazioni eccezionali servono scelte eccezionali - ammette Cioni - le persone che arrivano a Firenze hanno bisogno di tre cose: un bagno, cibo e informazioni. Certi negozi che vendono alcolici e basta, certi free tour con megafono e grandi gruppi di persone, le macchinette elettriche che sfrecciano per le strade non hanno niente a che fare con il racconto della città. Dobbiamo tutelare il nostro museo a cielo aperto - continua - e abbiamo anche le risorse per accogliere tutti i tipi di turisti, grazie alla tassa di soggiorno e a tutti gli altri introiti derivati dal turismo». «L’artigianato è imprescindibile in Italia ma oggi chi fa l’artigiano sconta l’essere una piccola o piccolissima impresa- racconta Cioni - sembra che il mercato, il sistema finanziario e anche il legislatore tengano in conto solo aziende più strutturate e vedano invece nell’azienda più piccola solo criticità. Ma un barbiere, quando ha due dipendenti, ha già smesso di essere una piccola azienda. Per questo c’è bisogno di una revisione della legge quadro 443 del 1985 - aggiunge - Nell’articolo 45, tra le altre cose, i nostri padri costituenti riconobbero l’importanza e anche la fragilità dell’artigianato, per questo la Costituzione parla di “tutela e sviluppo” dell’artigianato: abbiamo bisogno che il legislatore si metta al lavoro per una nuova legge che tenga conto dei cambiamenti epocali».

© RIPRODUZIONE RISERVATA


 

Primo piano
Il caso

Pontedera, Flavia potrebbe essere stata uccisa: «Devo vedere una persona», poi è sparita. Perquisita la casa

di Sabrina Chiellini
Sportello legale