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Mostro di Firenze, 17 foto scattate da due vittime e un baule: nuove indagini per dare un nome all’assassino

Mostro di Firenze, 17 foto scattate da due vittime e un baule: nuove indagini per dare un nome all’assassino

Due sopralluoghi della polizia scientifica di Firenze, coordinata dalle pm Beatrice Giunti e Ornella Galeotti, potrebbero segnare una svolta all’inchiesta sul serial killer più famoso della storia italiana a 55 anni dal primo delitto. Il generale Garofano: “Si può arrivare al Dna”

19 agosto 2023
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FIRENZE. Dopo più di mezzo secolo dal primo duplice omicidio, attribuito al cosiddetto Mostro di Firenze, avvenuto la notte del 21 agosto di 55 anni fa in una viuzza di campagna accanto al cimitero di Signa dove vennero uccisi Barbara Locci e Antonio Lo Bianco, nuove indagini potrebbero ripartire dopo il ritrovamento di alcuni reperti dimenticati.

Diciassette fotografie, impresse in un rullino di una macchinetta fotografica, che apparteneva a Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili assassinati entrambi dentro una tenda che avevano montato in una piazzuola nel bosco degli Scopeti nel 1985, potrebbero fornire nuovi elementi per dare un nome e un volto all'assassino ritenuto responsabile degli otto duplici omicidi. Altri esami forensi, che verranno svolti con tecniche più sofisticate ed all'avanguardia rispetto a quelle utilizzate negli anni '80, riguarderanno alcuni oggetti personali, come quaderni, blocchi per appunti e vestiti, appartenuti a Pia Rontini uccisa insieme a Claudio Stefanacci a Vicchio di Mugello in località Boschetta, e ritrovati qualche giorno fa in un baule in casa dei genitori della Rontini. La Polizia Scientifica della Questura di Firenze, coordinata dal Procuratore Aggiunto Beatrice Giunti e dal sostituto Ornella Galeotti, ha effettuato un sopralluogo nel garage dove nel baule erano contenuti gli oggetti che sono stati fotografati in ogni loro parte e sequestrati. 

I cadaveri di Antonio Lo Bianco, muratore palermitano di 29 anni e di Barbara Locci, di 32 anni vennero ritrovati dentro una Alfa Romeo Giulietta bianca parcheggiata vicino al cimitero di Signa in provincia di Firenze. I due erano amanti che si erano appartati per cercare intimità, dopo una serata trascorsa al cinema. Barbara Locci, infatti aveva un marito che si chiamava Stefano Mele, da cui aveva avuto un figlio di nome Natalino. Quest'ultimo, quando la madre venne uccisa insieme ad Antonio Lo Bianco, dormiva sul sedile posteriore della macchina e aveva 6 anni. Per il delitto venne sospettato inizialmente il marito di Barbara Locci, ma poi fu scagionato. Sulla scena del crimine vennero repertati cinque bossoli calibro 22 Long "Rifle Winchester" con la lettera "H" impressa sul fondello, dello stesso tipo di quelli ritrovati sulle altre sette scene del crimine dove si presume che il mostro di Firenze possa aver colpito.

"Analizzare vecchi reperti, con le moderne e più sofisticate apparecchiature forensi, può portare a profili genetici. Se il materiale raccolto sulle scene del crimine degli otto duplici delitti Firenze, avvenuti tra il 1968 e il 1985, è stato custodito correttamente nella catena di conservazione oggi, da piccolissimi frammenti si può ricavare il Dna", spiega all'agenzia di stampa "LaPresse" il generale Luciano Garofano. "Mi occupai personalmente degli ultimi tre omicidi, inviando i campioni repertati fino in Inghilterra, dove già alla fine degli anni'80 erano molto all'avanguardia con le metodologie e le strumentazioni di laboratorio per estrarre e campionare il Dna. Rispetto ad allora, oggi si può essere fiduciosi che con le nuove analisi si possa arrivare ad ottenere risultati soddisfacenti che possano contribuire alle nuove indagini".

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