Il Tirreno

Dopo 50 anni scrive ai bagnini

Dopo 50 anni scrive ai bagnini

La lettera Un turista olandese cerca i soccorritori che gli evitarono di annegare  «Era un’estate degli anni Settanta, ero in campeggio e con un amico sfidai le onde..»

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CECINA. Dopo 50 anni, un turista olandese scrive ai bagnini che l’hanno salvato. O meglio agli “eredi” di quei bagnini che nel 1970 lo tirarono su, letteralmente per i capelli mentre stava per affogare. «Gentili membri della squadra di salvataggio di Marina di Cecina, questa lettera è di un olandese che la vostra squadra più di cinquant’anni fa ha salvato davanti alla costa di Marina di Cecina. Oggi, con questa lettera, voglio esprimervi la mia profonda gratitudine per avermi salvato. È grazie alla squadra di salvataggio di Marina di Cecina che ho avuto una vita come adulto, un amore e due figli. Da quel momento vivo i tempi supplementari». A rendere nota la lettera è il responsabile della cooperativa dei bagnini di Cecina Mare, Francesco Conti, che l’ha pubblicata sulla pagina facebook Sei di Marina se... Con l’obiettivo di ritrovare quei bagnini e farli incontrare di nuovo con de Kam. «Vi racconto brevemente la mia storia - scrive l’olandese, al secolo Rob de Kam, di Groningen – Intorno al 1970, non ricordo l’anno esatto, venni per le vacanze a Marina di Cecina con un compagno di scuola media e i suoi genitori. Alloggiavamo in un camping di cui non ricordo il nome, subito dietro le dune. Il mio amico ed io eravamo spesso sulla spiaggia e in mare, sebbene nessuno di noi due sapesse nuotare bene. Un giorno, una bandiera rossa sventolava sulla spiaggia e, per quanto possa sembrare strano, nessuno di noi due conosceva il significato di quella bandiera. E poi non eravamo i soli in mare, e rimanemmo ignari del pericolo. Finché, improvvisamente, non sentimmo più la sabbia sotto i piedi e fummo trascinati lontano dalla riva. Le onde sbattevano sulle nostre teste, e l’acqua salata ci entrava dentro. Eravamo in preda al panico, e dopo l’ennesima onda pensai che quella era la fine. Proprio quando fui risucchiato sott’acqua e mi lasciai sommergere, proprio in quell’istante, venuta dal nulla, una mano mi afferrò il braccio. Era la mano di un membro della squadra di salvataggio, sopraggiunta per mare. Ero così estenuato che non riuscivo a salire a bordo e mi tirarono per il braccio fino a riva. Anche il mio amico fu salvato. Non ricordo se allora ringraziai coloro che mi salvarono. Né io né il mio amico parlavamo italiano. Tuttora non lo parlo, ho chiesto a mia cognata, Elisabetta Pallante, che vive come me nella città di Groningen, di tradurre questa lettera. Sono andato da poco in pensione, e questo è per molti un momento in cui si riflette sulla vita e si guarda indietro. È così che quel giorno drammatico e determinante nella mia vita è tornato ad affiorare nella memoria. Non so se coloro che mi salvarono siano ancora vivi, so che verso di loro proverò riconoscenza per tutta la vita».
 

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