Il Tirreno

Dai fasti della “Dolce vita” fino ai profughi: l’hotel d’incanto chiude e ora è in vendita

Lucia Aterini
Dai fasti della “Dolce vita” fino ai profughi: l’hotel d’incanto chiude e ora è in vendita

Castiglioncello, il Saint Vincent rimane vuoto in attesa di un compratore dopo che i 18 immigrati sono stati spostati dall’Arci

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CASTIGLIONCELLO. Un futuro sconosciuto per uno dei luoghi più incantati di Castiglioncello che ha visto la “Dolce vita” sbocciare e il via vai di ospiti invitati da Alberto Sordi che nel 1962 acquistò villa Corcos a poche decine di metri di distanza. E ne fece un luogo di vacanza ma anche un quartier generale dove riceveva colleghi e sceneggiatori da tutto il mondo.

L’hotel Villa Saint Vincent, questo il luogo tra mare e promontorio di Castiglioncello, è chiuso ed è stato messo in vendita perché ormai l’attività turistica è ferma dal 2014, quando la struttura è stata adibita a Cas, e cioè a Centro di accoglienza straordinaria. Ora è terminata anche questa ultima esperienza perché per l’Arci, titolare del progetto di accoglienza e che ci ha ospitato anche 40 profughi, non era più conveniente pagare queste camere e far arrivare i cibi da fuori. In più l’imprenditore che ha tenuto la struttura in affitto negli ultimi sei anni, Santo Rotondo, ha disdetto con un piccolo anticipo il contratto.

La struttura, di proprietà di Roberto Franciosi e che un tempo era una villa, ha avuto il suo acme negli anni Sessanta, quando appunto l’Albertone nazionale si innamorò di Castiglioncello. L’attività turistica partì nel 1964 con l’allargamento della struttura. All’epoca non c’erano eccessivi vincoli paesaggistici e urbanistici anche in zone di pregio come Punta Righini, dove si trova l’albergo. E dunque la nuova volumetria venne realizzata in breve tempo e l’attività partì. L’hotel fiorì spinto dal boom economico. Negli anni Settanta-Ottanta si alternarono un paio di gestioni (una anche per oltre un ventennio) con 14 camere, un ristorante, la terrazza panoramica, un piano seminterrato per il personale in servizio e un giardino con lecci.

Poi le dinamiche iniziarono a cambiare, le attività turistiche a Castiglioncello non ebbero più quelle performance di una volta, vuoi per i minor soldi in circolazione, vuoi per nuovi modi di interpretare le vacanze. Fino ad arrivare all’ultima gestione, quella di Santo Rotondo, imprenditore livornese che ha anche un altro albergo a Livorno (Hotel Città) che prese la gestione sei anni fa. «All’inizio l’attività turistica andava bene - racconta - facevo soprattutto bed and breakfast e avevo anche clienti affezionati, soprattutto tedeschi che ricordo rimanevano seduti ad ore nel giardino, come catturati dalla quiete del posto».

Poi, però, come spiega ancora l’imprenditore, «il lavoro era confinato a un massimo di tre mesi durante l’estate». Troppo poco per poter reggere i costi della struttura che era stata in parte ristrutturata per quanto riguarda i bagni e la mobilia.

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Da qui la decisione di entrare nel progetto di accoglienza straordinaria con Arci e Prefettura di Livorno . Nell’hotel sono stati ospitati anche oltre quaranta profughi, in generale provenienti dall’Africa. «Con loro ho avuto un buon rapporto - va avanti Santo Rotondo - per me erano come fratelli». Poi con gli anni il loro numero si è assottigliato fino ad arrivare a 18.

Da qui la decisione dell’Arci di lasciare l’hotel e sistemare i rifugiati in altre strutture e in appartamenti. E nel luogo, ricco di fascino e di storia, ora cala il vuoto. L’affittuario sarebbe stato anche interessato a fare lavori di ristrutturazione e rilanciare il luogo a scopi turistici. «Purtroppo - conclude -. ci vogliono troppi soldi». E, sulla Punta Righini, non è possibile neppure pensare a un cambio di destinazione con la realizzazione di più appartamenti.

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