Azienda di pulizie di Capezzano chiude e licenzia i 10 dipendenti
Sparirà il 31 dicembre dopo 17 anni di attività sul territorio versiliese: il punto delle sigle e il racconto della titolare
CAMAIORE. Troppi debiti accumulati negli anni immediatamente successivi alla pandemia. E una pressione fiscale incessante, che non dà tregua fino al punto da non permettere più a una piccola azienda di respirare. Sono questi i motivi che hanno messo in ginocchio la P.c.n. di Capezzano Pianore, realtà specializzata in pulizie civili e navali presente da 17 anni sul territorio della Versilia, occupandosi dei grandi cantieri della nautica viareggina fino ad uffici e condomini dell’area più a nord della costa versiliese. La ditta infatti chiuderà i battenti il 31 dicembre.
La decisione e la vicenda
Una decisione che, la scorsa settimana, è stata comunicata anche ai dieci dipendenti dell’azienda che, quindi, dal primo gennaio 2026 si ritroveranno senza più il loro posto di lavoro.
Della vicenda si sta già occupando la Filcams Cgil provinciale tramite il distaccamento versiliese del sindacato, a cui si sono rivolti i lavoratori della P.c.n. dopo aver ricevuto le lettere con il preavviso di licenziamento per la cessazione dell’attività. A preoccupare infatti, oltre alla notizia della chiusura dell’azienda e quindi della mancanza del proprio posto di lavoro, è anche «la necessità di fare il punto sulla regolarità dell’aspetto contributivo – spiega Andrea Vietina, funzionario della Filcams Cgil – e verificare la corretta liquidazione del Tfr per questi lavoratori che dopo il 31 dicembre di fatto resteranno senza un lavoro. Come sindacato – prosegue – ci incontreremo a giorni nuovamente con i dipendenti della ditta e inizieremo anche a muoverci per capire le possibilità di trasferimento dei loro contratti: trattandosi infatti di contratti multiservizi – spiega Vietina – se nei cantieri e negli appalti dove lavoravano precedentemente subentrerà una nuova azienda, il contratto collettivo delle pulizie multiservizi prevede all’articolo 4 la riassunzione nella nuova realtà che assume l’incarico dei lavoratori impiegati nell’appalto. Ovviamente si tratta di una trattativa sindacale in cui – conclude Vietina – faremo il possibile per affiancare i lavoratori e le lavoratrici di questa impresa».
La storia
La storia del declino della P.c.n., come quella di tante altre piccole-medie imprese della Versilia (e non solo) vittime di una crisi crescente, affonda le sue radici proprio nel periodo della pandemia. «Dagli anni del Covid in poi è iniziata la crisi nera – racconta la titolare, Manila Antonucci – la pandemia ci ha messo in ginocchio, perché gli uffici sono rimasti chiusi e non c’era più domanda per il nostro settore. Le pressione fiscale in quel momento si è allenata, ma una volta superata la pandemia lo Stato di fatto ci ha presentato il conto doppio. E questo ci ha dato il colpo di grazia: non so più a chi rivolgermi né cosa fare per cambiare le cose – ammette, visibilmente scossa e amareggiata dalla situazione venutasi a creare – una piccola realtà come la nostra, per mantenersi concorrenziale sul mercato, non può nemmeno alzare troppo il prezzo o rischia di scomparire rispetto a realtà più strutturate. Ho fatto di tutto per tentare di andare avanti, ma ormai è diventato insostenibile. Per questo ho deciso di chiudere la ditta al 31 dicembre, avvisando con oltre un mese di anticipo i miei dipendenti. Mi creda – racconta la titolare, contattata dal Tirreno – sono io la prima a essere disperata e a essersi rimboccata le maniche per tentare di evitare questa chiusura dopo 17 anni di duro lavoro. Purtroppo non ce l’ho fatta: sono riuscita a garantire comunque sempre lo stipendio ai miei dipendenti, preferendo pagare loro piuttosto che le tasse quando la crisi si è fatta più dura».
I lavoratori
Dei dieci dipendenti (tanti ne sono rimasti dopo che negli ultimi tempi in otto hanno presentato le proprie dimissioni volontarie all’azienda), «sei hanno anche altri contratti di collaborazione con altre cooperative – spiega la titolare, mentre quattro lavorano esclusivamente per noi. In questi ultimi mesi – rivela Antonucci – ho cercato anche di contattare altre aziende del settore chiedendo se potevano assorbire i nostri contratti e i lavoratori, ma ho trovato solo porte chiuse e rifiuti».
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