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Balneari, le reazioni in Versilia dopo la sentenza choc: «Le nostre imprese meritano un indennizzo e vi spiego perché»

di Angelo Petri
Balneari, le reazioni in Versilia dopo la sentenza choc: «Le nostre imprese meritano un indennizzo e vi spiego perché»

Gli esperti del settore dopo il pronunciamento del Consiglio di Stato: «Articolo 49 da rivedere». Il parere di Michela Guidi

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FORTE DEI MARMI. Fa discutere la sentenza del Consiglio di Stato sulle strutture balneari. «Questa sentenza non mi sorprende – commenta il presidente dei balneari del Forte Stefano Giannotti – e del resto è da tempo che i giudizi dei vari organi giuridici vanno contro la categoria. Quella della facile o difficile rimozione delle strutture della spiaggia resta un tasto dolente per il quale l’unica soluzione è rivedere non solo l’articolo 49, ma una decina di altri articoli del Codice della Navigazione che sono ormai fuori dal tempo presente. Un tempo c’era la Legge Baldini che di sei anni in si anni rinnovava automaticamente le nostre concessioni e fu quella la spinta di fatto da parte dello Stato a far investire sempre più i concessionari sulle strutture in spiaggia. Poi è arrivata la Commissione europea e quella norma è stata tolta, ma intanto con la garanzia del rinnovo da parte statale i concessionari hanno costruito le loro imprese ed è ingiusto, oggi, ignorare gli indennizzi per chi si è fidato dello Stato e sulla sua disponibilità ha costruito un’azienda».

«Al Forte credo che strutture inamovibili siano poche, forse soltanto un paio di piscine, mentre di stabilimenti balneari non mi risulta che ve ne siano nel territorio fortemarmino». È l’opinione di Luigi Bianchi balneare fortemarmino che segue da tempo le problematiche della categoria. «La procedura di incameramento peraltro non è poi così facile. Va detto inoltre che sulla base della legge regionale toscana che ha decretato che sono di facile rimozione tutte le strutture che possono essere sgomberate entro 90 giorni i bagni sono tutti facili rimozione. Però nello specifico quest’ultima sentenza, in realtà, non aggiunge nulla di nuovo e non poteva essere altrimenti essendoci l’ articolo 49 del Codice della navigazione che prevede che le strutture di difficile rimozione siano incamerate al termine della concessione dallo Stato. Questa sentenza evidenzia ancora una volta la necessità della riforma dell’ articolo 49 di un Codice che ovviamente fu fatto in un periodo dove la situazione economica finanziaria e geopolitica era ben diversa».

Di più ampio respiro il parere di Michela Guidi, fortemarmina, esperta del settore: «Le imprese balneari, motore dello sviluppo dell’intero sistema turistico italiano, dalla nascita del Codice della navigazione sapevano di dover gestire il bene pubblico tutelando l’ambiente e il paesaggio costiero e retroterra di tutta la nazione. Sapevano anche di poter costruire un “business” su quel lembo di spiaggia, a loro concesso allo stato naturale. Le imprese balneari, negli ultimi cinquanta anni hanno svolto la triplice funzione di tutelare l’ambiente, tutelare la paesaggistica e contribuire notevolmente allo sviluppo economico e turistico dell’intera nazione. Per queste ragioni dovrebbero essere risarcite con un indennizzo al valore di mercato, e quindi contrariamente alla sentenza del Consiglio di Stato non sono assolutamente d’accordo, poiché si creerebbero i presupposti per “inviluppo” contrariamente a quanto sancito dall’ articolo 2 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea la dove si tutela lo sviluppo armonico, equilibrato e sostenibile del territorio. Infatti se tutte le imprese balneari detraessero dalle loro stesse le opere amovibili (stando al dettato della suddetta sentenza) regnerebbe il caos».

Guidi prosegue: «Il Consiglio di Stato continua a non tener conto che le terre (spiagge) e i loro piani di sviluppo (Pua e Pit) sono esclusi dall’applicazione della Bolkestein, la quale sancisce anche che le nostre attività balneari sono a tempo indeterminato e sono il motore dello sviluppo locale e culturale del nostro paese, rappresentando una percentuale interessante del nostro Pil. Concludo dicendo che le imprese balneari non devono andare a gara, bensì presentare alla Pubblica Amministrazione un business plan in ottemperanza ai loro piani di sviluppo che, facciano capire alla pubblica amministrazione. come intendano amministrare e gestire il bene pubblico “spiaggia».

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