Caso Morrone, i sindaci difendono le dottoresse del Versilia indgate: «No ai processi sui social»
Murzi in ospedale dopo il via all’inchiesta per la morte della 65enne
Viareggio Ad accoglierlo, alle porte del pronto soccorso dell’ospedale Versilia, è il primario Giuseppe Pepe. Al quale, già prima di incontrare i giornalisti, fa sapere che è lì «per portare tutta la solidarietà dei sindaci della Versilia: a voi bisognerebbe solo dire grazie». Quasi gli scappa un “noi”. D’altra parte Bruno Murzi, sindaco di Forte dei Marmi e oggi presidente della conferenza zonale dei sindaci della Versilia per l’ambito sanitario, il camice da medico lo ha messo da parte solo di recente. E quando gli sviluppi della vicenda giudiziaria che si è innescata – come atto dovuto – in seguito alla morte di Maria Rita Morrone hanno coinvolto due dottoresse dell’ospedale Versilia, non ha esitato a prendere l’iniziativa e a schierarsi in modo solidale al fianco delle due professioniste (una del pronto soccorso e un’altra nel reparto di dermatologia) che al momento risultano indagate dalla Procura di Lucca per l’ipotesi di reato di omicidio colposo nell’ambito di prestazioni sanitarie.
L’inchiesta
I due medici indagati hanno visitato e medicato, due giorni prima della morte avvenuta al mattino presto di giovedì scorso, la 65enne scomparsa sotto gli occhi del marito Mario nel parco La Tinaia a Viareggio: la donna era stata portata in ospedale per le condizioni in cui versava la sua gamba, che da tempo le stava dando problemi. La coppia viveva da mesi nella loro auto, in condizioni igieniche precarie e in uno stato di marginalità sociale, tanto che più volte – pur portata al pronto soccorso – avrebbe rifiutato i trattamenti medici e firmato le proprie dimissioni volontarie.
La Procura ha così preso atto di tutte le cartelle cliniche e dei dati di accesso al pronto soccorso da parte della 65enne e ha disposto per domattina l’autopsia: l’obiettivo è chiarire se ci sia stata o meno una qualche negligenza medica tra le cause della morte. La sola notizia dell’indagine in corso, tuttavia, ha scatenato l’ira dei social dove molti, fin dal primo momento, hanno puntato il dito contro l’operato dei medici dell’ospedale.
La solidarietà dei sindaci
È questo, principalmente, il motivo che ha spinto ieri pomeriggio il presidente della conferenza zonale dei sindaci a presentarsi dal primario Pepe e dal suo staff.
«Innanzi tutto voglio portare il ringraziamento della comunità versiliese ai medici, agli infermieri e a tutto il personale del pronto soccorso e dell’ospedale che lavorano ogni giorno con professionalità e dedizione, spesso in condizioni difficili, per garantire assistenza e operare al meglio. È un impegno prezioso, che merita il massimo riconoscimento – dichiara Murzi – e che ha permesso nonostante lo stress fisico e mentale al quale sono sottoposti di superare in modo solido anche quest’estate. Non voglio entrare nella vicenda specifica, nell’ambito della quale tutti stanno facendo il proprio lavoro in maniera adeguata – sottolinea – dalla Procura, di cui mi fa piacere sapere che c’è un magistrato che lavora anche il giorno di Ferragosto come si è potuto evincere da questa vicenda, alle forze dell’ordine che stanno effettuando le opportune verifiche, al personale sanitario dell’ospedale, quello territoriale e gli operatori del sociale. Non possiamo però accettare – conclude – i processi sommari sui social: esprimo per questo piena solidarietà, da parte mia e di tutti i sindaci. A questi medici, a tutti loro, va portato in primo luogo rispetto, come era avvenuto durante la pandemia quando si parlava dei sanitari come eroi. Poi sul caso della scomparsa di questa donna – aggiunge Murzi – dobbiamo interrogarci se tutti noi potevamo fare qualcosa in più: è una riflessione sicuramente da aprire per trovare nuove soluzioni».
Il reparto “imbuto”
Ma sullo sfondo delle parole di Murzi resta un concetto di base. «Il pronto soccorso è iper-utilizzato e non può diventare il collo di un imbuto in cui finiscono tutti i problemi – spiega Murzi – è facile andare in pronto soccorso perché si trova sempre una risposta, ma dobbiamo acquisire consapevolezza ed educarsi sul fatto che non è possibile caricare questi professionisti di ogni questione, anche di quelle che potrebbero essere risolte altrove».
«Ringrazio il sindaco Murzi per la solidarietà espressa, sia come sindaco che come medico – commenta il primario del pronto soccorso del Versilia Giuseppe Pepe – il tema odierno non è difendere i medici, perché sappiamo di ver fatto il nostro dovere, ma il diritto alla salute dei pazienti in gravi condizioni: le cure tempestive e migliori sono intralciate e rallentate da una crescente attività poco sanitaria – commenta – a cui si aggiunge la continua richiesta di assistenza non urgente, circa il 70% dei casi. Il 14 agosto, per fare un esempio, abbiamo avuto 324 accessi: il tema dell’appropriatezza deve essere al centro della discussione». Pepe non si sofferma sul caso specifico. «Ci eravamo adoperati noi per primi per farle avere un amministratore di sostegno – spiega – quel martedì la dottoressa era riuscita a farle una medicazione anche complicata, cosa che altre volte aveva rifiutato. Avremmo cacciato lei e il marito dalla sala d’attesa? Lo escludo, anche se non ero lì presente: la sala è sempre presidiata dalla polizia di Stato, non certo dagli operatori sanitari che anzi lì svolgono funzione di accoglienza».l
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