Forte dei Marmi, turista muore per legionella: hotel condannato
Risarcimento di oltre 260mila euro a figlia e nipoti, il contatto con il batterio mentre faceva la doccia
FORTE DEI MARMI. Era andata in vacanza da sola, nonostante i suoi 87 anni portati con fierezza e senza il bisogno che qualcuno se ne prendesse cura. Il destino avverso per la pensionata aretina in quell’estate del 2017 era occultato nell’acqua. Non quella del mare con il rischio di malori o annegamenti. Più banalmente il killer infido e letale si nascondeva nei serbatoi che alimentavano i rubinetti del bagno e della doccia. Colpita da legionella, la pensionata morì in meno di due mesi.
Uno choc per i familiari, un’agonia vissuta dall’anziana con la lucida certezza che non sarebbe tornata a casa. Dopo aver citato per danni l’hotel del Forte in cui la familiare era stata contagiata, figlia e nipoti hanno vinto la causa in Tribunale ad Arezzo ottenendo un risarcimento di oltre 260mila euro. Un danno coperto dall’assicurazione della società alberghiera.
Il contagio
La pensionata, in ottima salute, se ne va da sola in vacanza e prenotata il periodo che va dal 15 al 30 luglio 2017. A fine soggiorno inizia ad accusare febbre alta e tosse. Si preoccupa per un malessere così violento e improvviso. La scelta di tornare a casa viene subito accompagnata da un ricovero nel reparto di pneumologia dell’ospedale di Arezzo. È qui che dalle analisi risulta positiva alla “Legionella Pneumophila”. Inizia un calvario che si conclude l’11 settembre con un decesso che lascia nel dolore i familiari decisi a chiedere i danni alla struttura.
I rilievi
Gli accertamenti effettuati in corso di causa confermano la presenza di legionella nell’acqua calda e fredda della doccia in camera. Niente tracce, invece, nella cisterna. Dopo un intervento di sanificazione con trattamento chimico/termico, ai controlli del settembre 2017, eseguiti negli stessi luoghi e siti, viene rilevata la completa negatività microbiologica dei campionamenti.
La difesa
Il giudice ha respinto le argomentazioni della difesa della titolare dell’hotel sulla mancata prova di causalità dell’ evento, «da ricondursi a causa diversa dall’infezione - contratta comunque altrove, prima del soggiorno – e, in particolare a condotta colposa della stessa cliente la quale aveva richiesto che i camerieri non entrassero in camera per la pulizia e il riordino ed aveva più volte bevuto dal rubinetto del bagno; pregresse condizioni di salute della donna di età avanzata e disposta per anni a fumo passivo». Tutto spazzato via dalla consulenza tecnica.
La consulenza
A sgombrare il campo da ogni dubbio è arrivata la consulenza disposta dal giudice. Il professionista ha confermato che «la signora è sicuramente deceduta per legionellosi. In un modello di ricostruzione del nesso di causalità, in riferimento alla fonte del contagio, è verosimile e ammissibile, ma non comprovato in termini di assoluta certezza, che la signora abbia contratto l’infezione presso la stanza n° 26 dell’hotel dove era soggiornante. Il ritrovamento della legionella nei terminali idrici risulta essere sufficiente per consentire la plausibilità e la ragionevole ammissibilità della fonte del contagio».
Le omissioni
Acquisito il dato della presenza della legionella, la partita si è spostata sulle responsabilità in capo al gestore dell’hotel. Il giudice contesta «la mancata adozione di un piano per la valutazione e con-tenimento del rischio biologico con le periodiche (almeno biennali) verifiche previste e le conseguenti misure di bonifica tecniche, organizzative e procedurali richieste dalla legge». Nel rapporto all’esito del sopralluogo nella struttura è emerso che «lo svuotamento e la pulizia almeno annuale dei serbatoi non erano stati effettuati e non erano stati compensati da un’ azione di controllo alternativa; - che lo spurgo regolare dei bollitori/serbatoi di raccolta dell’acqua calda sanitaria dalla loro valvola di fondo non era stato effettuato; - che la disinfezione almeno semestrale dei bollitori/serbatoi non era stata effettuata e non risultava compensata da un’adeguata alternativa azione di controllo». Di qui la responsabilità per il contagio mortale subìto dalla cliente.
«Non ce la faccio»
Ricoverata in ospedale e sempre in condizioni gravi, la pensionata confidava a sanitari e familiari la sua consapevolezza di non potersi salvare. Un periodo della malattia vissuto in modo cosciente dalla signora. A chi gli faceva visita ripeteva spesso «non ce la faccio… non torno a casa». L’epilogo della vacanza a Forte dei Marmi arriva l’11 settembre con la morta per aver contratto la legionellosi quando faceva la doccia nella camera dell’hotel.