Addio a Giorgio Giannelli, la voce libera della Versilia si spegne a 99 anni
Dal Palio dei Bagni all'Almanacco Versiliese, dall'impegno contro la polio alla lotta partigiana: se ne va l'intellettuale che ha raccontato mezzo secolo di storia locale e nazionale
FORTE DEI MARMI. Se n’è andato come voleva, quasi di soppiatto all’ombra dei suoi olivi a Pozzi – silenzioso come “Una noce nel sacco” – volutamente senza esequie, senza cerimonie e tanto meno commemorazioni. E alla bella età di 99 anni tutti spesi a scrivere, a polemizzare, a raccontare. A essere, insomma, Giorgio Giannelli. Lo abbiamo conosciuto e ammirato per mezzo secolo, non sempre concordando con lui, ma amandone il suo senso di libertà e di passione e riconoscendone la genialità, il che rende più difficile raccontare una così lunga esistenza intessuta di tantissime vicende, spesso toccate dalla Storia. Lui non mancava mai di spronarci ad essere sempre critici, soprattutto con i politici: «Con affetto nella speranza di aver fatto un buon investimento in cambio di qualcosa che valga la pena», scrisse anni fa in una dedica.
L’ultima volta l’abbiamo visto sul mare a fine stagione, dove si attardava sotto la tenda del bagno Bonaccia, il suo ultimo buen retiro da dove scrutava ancora vivacissimo il mondo. Giorgio era nato nel 1926, il 3 dicembre, ma «appena nato avevo già creato dei problemi non solo per il nome» scrisse nel suo libro autobiografico.
La scelta antifascista
Ed era un ragazzotto appena diciassettenne il 19 settembre del 1944 quando partecipò con i partigiani alla Liberazione del Forte dei Marmi ancora occupato dai tedeschi. Era una persona che aveva sempre le idee chiare: subito dopo la guerra fu espulso da scuola per aver protestato contro gli orientamenti fascisti di un insegnante. E un tipo così non poteva che fare il giornalista, tant’è che nel 1946 Giancarlo Fusco lo nominò corrispondente de La Gazzetta di Livorno, poi passò a Il Telegrafo-Il Tirreno, finché nel 1951 fu assunto da La Nazione. Erano gli anni d’oro della Capannina, della scoperta del Forte, e seppe esserne non un banale osservatore, ma un protagonista. In quegli anni si inventò il Palio dei Bagni, fece il consigliere comunale socialdemocratico, e mille altre cose, dopodiché partì per Roma a caccia di nuove sfide. E lì il figlio del libraio del Forte, per giornali e stanze della politica, ci restò trent’anni. Una passione che nel ‘55 lo fece rinunciare perfino alla chiamata di un certo Henry Kissinger, allora direttore dell’Harvard University che lo invitava negli Usa dove stava creando un’equipe di giovani osservatori politici da tutti i paesi.
Il ruolo nella vaccinaziona antipolio
Nel 1961 fu il primo giornalista italiano a denunciare il fallimento della vaccinazione antipolio che mieteva vittime e anche grazie a lui nel 1964 partì la vaccinazione con il siero di Sabin che ebbe modo di frequentare: in un mese vennero vaccinati 7 milioni di neonati e bambini finché il fenomeno andò in recessione. Collaborò anche con Angelica Balabanoff e fu suo esecutore testamentario. E nel 1972 rifiutò la vicepresidenza della Rai offertagli dal Psdi per continuare la sua lotta alla poliemielite.
Il ritorno in Versilia
Tra le stanze del potere romano, ma sempre con la Versilia nel cuore: grazie a lui si fecero tante strade sui nostri monti, tra cui via che da La Culla sale a Sant’Anna, e fu assieme al senatore Pieraccini a presentare la proposta di legge per la Medaglia d’oro al Valor militare allo stesso paese martire. Si deve a lui anche il primo finanziamento per l’ospedale di Montepepe. Il 1982 segna invece l’anno del rientro in Versilia dove nel 1986 fonda con Manlio Cancogni, Emilio Barberi e Marcello Tommasi l’Unione Versiliese, movimento antipartitico e libertario di cui lui stesso fu consigliere comunale a Seravezza e al Forte, paese natale che anni dopo gli dette anche la cittadinanza onoraria. Aveva l’anima del giornalista affascinato dalla storia e grazie a questo, oggi ci sono decine di volumi dedicati ai tanti periodi di questa terra: cominciò con “La Bibbia di Forte dei Marmi” in cui testimoniò la presenza di Michelangelo e ricostruì la storia del paese iniziata da Domenico Barberi, e poi iniziò a scandagliare i periodi del Novecento muovendosi tra protagonisti e testimonianze e raccontando con il piglio del cronista fatti storici che costituiscono oggi un valore testimoniale assoluto.
Il libro autobiografico
Ottantenne scrisse “Una noce nel sacco”, un libro autobiografico dove riassume le sue esperienze e in quegli anni mise a punto quello che è il suo ultimo grande capolavoro: i quattro volumi dell’Almanacco Versiliese. 2.600 pagine dedicate a tutta la Versilia, citando ben 26mila protagonisti che si sono messi in luce nel corso dei secoli in questo lembo d’Italia. Come diceva lui, «non era un’opera da consultare, ma da leggere come un enorme romanzo». «Ritengo che la storia di ciascuno di noi – scrisse - sia la storia di tutti noi. In essa si racconta di gente sconosciuta ma di alto profilo umano, che forse per merito rimarrà nella memoria dei posteri». Con lui se ne va un grande protagonista e intellettuale, un maestro. Ai figli Angelica, Emanuele e Martina le nostre condoglianze. l
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