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La strage di Viareggio
Dopo la sentenza

Strage di Viareggio, Piagentini: «Quello che non ho mai detto, ho preferito perdere la mia famiglia per non vederla soffrire»


	Marco Piagentini
Marco Piagentini

Per la prima volta le parole dell’uomo che nel disastro del 2009 ha perso per sempre moglie e due figli: «Luca aveva 4 anni ed è morto sciolto dal calore»

17 gennaio 2024
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VIAREGGIO. «Mio figlio Luca aveva 4 anni e quella sera si è sciolto dal calore dopo l’esplosione. Mio figlio Lorenzo è rimasto da solo in un letto d’ospedale fasciato come una mummia, e da solo si è spento. Aveva due anni». Non lo aveva mai fatto. Ma dice che è arrivato «il momento di fare questo passaggio personale. Ora che è stata messa la parola fine a un’iter dolorosissimo» iniziato in quella maledetta notte del 2009. Marco Piagentini nella strage di Viareggio ha perso la moglie «Stefania, che aveva 40 anni. E i miei due figli», racconta nel giorno della conferenza stampa – organizzata in seguito alla sentenza della Cassazione di lunedì 15 gennaio che ha confermato le condanne alle persone ritenute responsabili, a vario titolo di quanto accaduto, rimandando il fascicolo alla corte d’appello per la rideterminazione delle pene sulla base delle attenuanti generiche – dell’associazione “Il Mondo che vorrei”, nata per riunire i familiari del disastro che causò la morte di 32 persone «bruciate vive nelle loro case», prosegue Piagentini. 

23,49: l’ora dell’inferno

Il disastro ebbe origine dallo svio di un treno merci, che provocò il danneggiamento di una cisterna contenente Gpl, la cui fuoriuscita innescò un incendio, presto degenerato in un’esplosione, che interessò la stazione di Viareggio e le aree abitate circostanti.

Il simbolo della strage

Quel braccio di bambino che si leva dalla macerie della casa in cui si era addormentato sognando la giornata al mare con i fratellini, al risveglio, è una delle immagini simbolo del disastro ferroviario di Viareggio. Nel 2009 Leonardo Piagentini aveva solo otto anni. Per i suoi fratellini, Luca e Lorenzo, non c’è stato speranza. Così come per Stefania Maccioni, la loro madre. Leonardo e suo padre, Marco Piagentini, si sono salvati dall’inferno di esplosioni, fuoco, fumo, macerie. Nei giardinetti di via Porta Pietrasanta, quelli davanti alla casa dei piccoli Piagentini, quella maledetta notte il loro nonno, Roberto Piagentini, ripeteva, deciso: «Ditemi che sono morti. Ditemi la verità». Quella verità che Marco, Roberto e tutti gli altri familiari delle 32 vittime hanno cercato senza sosta per anni. 

«Vi racconto cosa ho passato»

La testimonianza di Piagentini è un fiume incontrollato di dolore. «Tutto è nato – dice riferendosi al processo per la strage di Viareggio ma soprattutto alla costituzione dell’associazione “Il Mondo che Vorrei” – per chi non c’è più. Spesso hanno voluto far credere che tutto doveva essere fatto in un’aula di giustizia quasi asettica parlando di diritto, di norme, di commi e di leggi. Tutto questo, però – continua Piagentini prendendo la parola prima dell’inizio della conferenza stampa di mercoledì 17 gennaio – è nato perché 32 persone sono morte nelle proprie abitazioni, sono morte bruciate vive. A questo punto, a 15 anni dalla strage e dopo 9 anni alla presidenza dell’associazione dei familiari delle vittime, voglio fare un passaggio quasi personale che non ho mai fatto. E lo faccio ora perché si è messa la parola fine a questo iter dolorosissimo». Marco Piagentini va avanti: «Prima di tutto voglio ricordare che Stefania aveva 40 anni, era mia moglie, Luca aveva 4 anni e Lorenzo 2, erano i miei figli. Con quell’incidente siamo stati spogliati di ogni dignità umana. Ho dovuto sopportare la perdita della mia famiglia senza neanche poterla piangere, ho dovuto guardare quello che i miei figli hanno subito. Ho dovuto piegarmi alla logica di pensare che piuttosto che farli soffrire come ho sofferto io era meglio non vederli più. Ho dovuto guardare le cartelle cliniche, le foto, mio figlio Luca si è sciolto dal calore. Mio figlio Lorenzo, mi ha raccontato mio cognato, è rimasto da solo in un letto d’ospedale fasciato come una mummia, e da solo si è spento. E aveva solo due anni. Di fronte a questa strage – conclude Piagentini – non si può pensare che la giustizia non faccia il suo corso e la nostra battaglia arriva proprio da questo dolore. Non l’ho mai detto in modo così esplicito, ma è il momento di farlo».

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