Il Tirreno

Versilia

L’intervista

L’avvertimento del patron del Tennis Italia Marrai: «Cara Versilia, il turismo cambia non si può più rimanere fermi»

di Luca Basile
L’avvertimento del patron del Tennis Italia Marrai: «Cara Versilia, il turismo cambia non si può più rimanere fermi»

Sergio Marrai, patron, anima e mente del Tennis Italia di Forte dei Marmi : «Serve una visione nuova per i prossimi 20 anni»

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FORTE DEI MARMI. «I ricordi sono belli e vanno custoditi, ma il mondo è cambiato. E anche la Versilia, che piaccia o meno, è cambiata. E dobbiamo agire di conseguenza». Sergio Marrai, patron, anima e mente del Tennis Italia di Forte dei Marmi è abituato da sempre a guardare oltre. Lo faceva già più di 40 anni fa, dalle parti del Tennis di Focette, primo passo imprenditoriale che lo ha poi portato, con il suo club, ai vertici dello sport regionale e nazionale, ma anche a diventare, nel tempo, persona di fiducia di amici e volti noti, in primis Andrea Bocelli. Che a lui si rivolgono per una chiacchierata, un consiglio. E ancora una volta per guardare oltre.

Marrai, dove sta andando il turismo in Versilia?

«Partiamo dai fatti: nel breve volgere di pochi anni apriranno, solo a Forte dei Marmi, 5 grandi alberghi pluristellati. E, nonostante le aste, c’è molto interesse anche per gli stabilimenti balneari. Abbiamo abbastanza personale qualificato per la gestione di queste strutture? No. In sostanza dipendiamo dagli altri, siamo un treno con una locomotiva e senza vagoni. Bisogna aprirsi. Includere. Serve una visione più ampia. E visto che in Versilia siamo in pochi e questo personale qualificato latita dal punto di vista numerico dovremmo farlo venire da fuori. Accoglierlo. E allora serviranno abitazioni, strutture. Con un ritorno straordinario per l’indotto. Qualcuno ci sta pensando? Non mi sembra».

C’è chi dice che la Versilia, in particolare Forte dei Marmi e Pietrasanta, abbiano già perso la propria identità: è cosi?

«Noi abbiamo una storia vecchia di un secolo o poco più. Non è granché. E infatti non siamo Firenze, non siamo Siena. Con il tempo il paese si è trasformato, caratterizzato, appunto nella trasformazione, anche da chi ci frequenta. Il turismo non è uscito stravolto da questo succedersi di eventi, ma modificato sì. Una volta esistevano le pensioni, oggi sono merce rara. Una volta la famiglia di Milano veniva in Versilia a giugno e ripartiva a settembre. Non è più così: possiamo pensare che sempre una volta fosse tutto più bello, più armonioso, ma la sostanza non cambia. Bisogna adattarsi pur tutelando le nostre peculiarità. Oggi, ad esempio, non si parla che di ristorazione: a Forte dei Marmi il livello è eccelso. Poi viene Pietrasanta. E, come in tutte le località che vanno di moda, poi arrivano questi investitori che con il loro fare valorizzano la più grande industria del mondo: il turismo. E la richiesta del cliente è sempre più all’insegna della qualità».

La Versilia, quella dei comuni, da sempre ha però difficoltà a fare squadra: perché?

«I sindaci dovrebbero collaborare in modo costruttivo e non a parole. Si limitano al proprio confine e non hanno una visione del comprensorio. Soprattutto non hanno una visione a media scadenza, diciamo 20 anni. I campanilismi non hanno più ragione di esistere. Da Montignoso a Viareggio è un’unica terra: privilegiamo, anche in questo caso, le singole peculiarità, ma alla fine i progetti, le rassegne, i Festival, lo sviluppo urbanistico, devono essere omogenei. Ma che senso ha che Seravezza e Stazzema, ad esempio, siano due comuni con due amministrazioni? E poi ci dovremmo chiedere cosa lasceremo alle prossime generazioni: a Forte è stato ad esempio giustamente detto basta a nuove edificazioni».

Cosa rende la Versilia unica?

«La sua bellezza naturale: mare, monti, un clima ideale, Puccini, la Versiliana, l’arte, la cultura, le grandi firme. Un patrimonio invidiato e conteso. Ma persistono problematiche mai risolte. 30 anni fa Massimiliano Pani mi disse una frase che mi è rimasta in mente: la Versilia è veramente unica, ma avete troppi comuni. E troppi comuni significano troppe teste da mettere d’accordo. Aveva ragione. Così come ha ragione chi chiede più sicurezza contro scippi, furti. Dove si muove il denaro si innescano anche interessi illeciti. Dobbiamo essere una terra sicura per chi ci vive e per chi ci investe. Alla fine la ricetta, guardando al domani, è tutto sommato semplice. Se vogliamo veramente tutelare la nostra terra e non solo dal punto di vista turistico, servono dialogo e buonsenso. E, soprattutto, visione».


 

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